VILELLA INCONTRA DE CHIRICO
INTERVISTA ESCLUSIVA DI CRISTINA MARRA CON UNO DEI NOSTRI PIÙ AUTOREVOLI ILLUSTRATORI DI FUMETTI.
di Cristina Marra
23/10/2020
Le interviste di Cristina
Nuova veste e edizione per il tuo omaggio a De Chirico dopo 11 anni dalla precedente pubblicazione. Com’è stato riapprocciarti all’artista? E come hai lavorato?
Interno metafisico con biscotti è un lavoro che appartiene al mio passato recente e a cui sono particolarmente legato. Rappresenta un punto di svolta e di approfondimento personale, rispetto a

- De Chirico e la sua stagione metafisica hanno innovato non solo l’Arte ma anche altre espressioni culturali e figurative del Novecento, è azzardato affermare che l’innovazione è arrivata anche nel fumetto e nel graphic?
E’ tutt’altro che azzardato. Molte forme di espressione artistica del novecento, ma anche contemporanea, soprattutto visive e letterarie, sembrano aver risentito del fascino della poetica metafisica di Giorgio de Chirico. Basti pensare al Surrealismo che senza il suo apporto teorico e formale, non si sarebbe espresso in tal modo. Si pensi poi a Valori Plastici o alla Nuova Oggettività che pur espressioni pittoriche differenti, hanno elementi riferibili alla visione dechirichiana.
Il cinema d’autore ha mutuato molto dalla pittura metafisica, basti pensare a Bergman, Bresson, Antonioni, Welles, Kubrick…In letteratura si pensi al Realismo Magico di Bontempelli , Savinio (fratello dello stesso de Chirico) e Buzzati.Proprio Dino Buzzati nel suo Poema a fumetti, sperimenta una forma di racconto per sequenze disegnate, mostrando suggestioni visive, vicine alla metafisica di de Chirico.
Nel fumetto, l’uso deciso dei neri e i forti contrasti cromatici e luministici, soprattutto nei racconti di genere fantastico e poliziesco, fanno spesso riferimento più o meno volontario, a soluzioni formali ed espressive di matrice metafisica già adottate dal Maestro. Da Breccia a Battaglia fino a Mattotti, diversi e bravissimi autori, si sono ispirati alla pittura metafisica. Per me l’arte di de Chirico è stata formativa e proprio non potevo fare a meno di concentrarmi su un racconto a fumetti che affrontasse questo personaggio e il suo modo di trasfigurare la realtà rivelando l’enigma più profondo che si cela dietro di essa.
- Gli anni dal 1909 al 1919 sono quelli formativi per Giorgio artista. Come hai dosato biografia con Storia, finzione e noir?
L’idea nasce da una frase scritta nelle sue Memorie, che naturalmente ho riportato nel mio racconto grafico. In pratica, dopo aver incontrato Apollinaire a Parigi, il giovane pittore deve ammettere a sé stesso, con un certo disappunto, ma non poca autoironia, che le sue opere vengono recepite come fossero illustrazioni da romanzo giallo. Bisogna tener conto che in quell’epoca, furoreggiavano Fantòmas e Il Fantasma dell’Opera e anche questo sarà forse il segreto del suo successo.
Allora, lasciandomi trasportare dalle suggestioni e dai fraintendimenti degli enigmi visivi di origine nietzschiana evocati dal Maestro, ho elaborato una storia dai caratteri noir, seguendo il filo delle esperienze reali vissute dal pittore. Una biografia d’artista in chiave noir! E’ stata una sfida, ma anche un divertimento che, a quanto pare, nessuno con i fumetti aveva mai tentato prima. I lettori hanno scoperto nel mio lavoro qualcosa di nuovo che forse non si aspettavano, accettando le regole del gioco e dimostrando di saper apprezzare. Infatti negli anni successivi, ho realizzato Il Requiem per due c…, L’Armadio di Satie e il mio Friedrich, lo Sguardo Infinito, racconti sostanzialmente biografici con risvolti puramente fantastici e metafisici, su impianti narrativi di genere nero e poliziesco.
Con parole e disegni narri i misteri e gli incubi di un uomo che percepisce i cambiamenti imminenti. Quanto ti servono le dinamiche tipiche del noir nel tuo percorso narrativo?
La mia è stata una formazione composita, ho amato sempre l’arte e la letteratura d’autore. Ho praticato il disegno, la pittura e la scrittura. Contemporaneamente però ho goduto della bellezza dei fumetti e della narrativa di genere, soprattutto quella nera e fantastica. Ho capito le grandi potenzialità espressive di questo linguaggio fatto di testi e disegni. Arrivare ad elaborare risultati fatti di tutto questo, era inevitabile, anzi fatale.
- Come per Friedrich anche per De Chirico punti e ti soffermi sulle ambientazioni e le guardi con gli occhi degli artisti. Se per Friedrich ti calavi nella natura, nei boschi e salivi sulle vette, qui sono le realtà urbane di Firenze, Parigi e Ferrara che osservi e riproduci?
Lo scenario nelle mie storie è sempre basilare. Non parto quasi mai dai personaggi, piuttosto dai luoghi in cui si muovono. I luoghi che mi piace evocare e raccontare, sprigionano luci particolari che avvolgono e assorbono le mie figure. I miei personaggi sono fatti delle luci che animano i luoghi in cui pensano e si muovono. Ma la montagna di Friedrich, la stanza e la Parigi di Satie, la città del commissario Grimaldi e i luoghi di de Chirico, sono luoghi mentali, riconoscibili in quanto riferiti a luoghi reali, ma talmente interiorizzati da essere trasfigurati. Sono luoghi sospesi in una luce abbacinante che lotta continuamente con le ombre più insidiose e profonde.
- Trai spunto dalle Memorie della mia vita di de Chirico, una sorta di confessione dell’artista, ti sei sentito un po' detective a investigare su di lui e sui suoi momenti più difficili e delicati oltre che decisivi per la sua formazione di uomo oltre che di artista?
Ho seguito e riproposto le vicende personali dell’artista sempre con molto rispetto. Le mie sono congetture, fantasie e riflessioni che si confrontano con le fantasie e le riflessioni del maestro della metafisica. Amo troppo i personaggi che scelgo di raccontare, per investigare sulle loro esistenze, non mi perdonerei mai di essere inopportuno con ciascuno di loro. Al contrario però, alcuni personaggi che inserisco nei miei racconti, sanno essere dei veri impiccioni, come lo è l’ex maresciallo De Vittiis che ossessiona e perseguita de Chirico nella mia storia. E’ evidente quanto labile possa così risultare lo scarto tra realtà e immaginazione: quello che io come autore non oserei mai fare, in realtà lo fanno i personaggi che ho scelto di far muovere nelle mie storie. Però non essendo un biografo e non credendo nelle biografie (e neanche nelle autobiografie) mi sono concesso il privilegio di inventarmi una mia versione dei fatti che hanno portato de Chirico ad inventare la pittura metafisica.
- Il verde del fondo delle tavole ma anche i disegni con tecniche miste sono un omaggio all’artista, ma possono essere anche considerati una tua nuova tecnica per il racconto grafico?
Il verde di fondo fa riferimento ai cieli metafisici di de Chirico, forieri di messaggi oscuri e di profondi silenzi. Lo stesso verde, a ben vedere, usato da Giorgione nella celebre Tempesta, il più enigmatico dei dipinti mai realizzati. De Chirico era perfettamente conscio del valore simbolico dei colori usati nei suoi quadri. Io ho cercato di restituire la forza evocativa dei cromatismi metafisici che, soprattutto in questa nuova edizione del libro, accentuano la valenza più misterica del racconto.Il lettore segue le vicende del racconto immerso in una atmosfera di luce verde, in cui a tratti emergono i colori delle visioni pittoriche, che si rivelano in tutta la loro ricchezza cromatica. Tutto si mostra trasfigurato e persino oggetti di uso comune, cose che noi adoperiamo ogni giorno, si svuotano della loro funzione e prendono vita nuova, pregni come sono di quanto, attraverso i nostri gesti quotidiani, i nostri pensieri e i ricordi che vi associamo, abbiamo riversato in loro. Penso che per questo racconto in particolare, non potessi scegliere una tecnica più indicata, ma dal mio punto di vista, so bene che ogni storia esige una tecnica adeguata. Per Il Requiem del commissario Grimaldi ho privilegiato il blu di Prussia e decise masse di neri; per L’Armadio di Satie il verde è ancora dominante, ma il segno più ricercato; mentre in Friedrich c’è una varietà di colori atta ad esaltare i sentimenti più riposti dei protagonisti, attraverso il succedersi delle stagioni della vita e della natura.

- Il libro è diviso in sette parti e si conclude con una galleria, è l’ombra l’elemento dominante?
L’ombra è l’elemento che accomuna tutte le cose rappresentate: gli esseri umani, gli oggetti, gli spazi in cui si muovono. Le ombre accentuano le distanze tra le cose, la loro presenza, lo smarrimento e le solitudini; dilatano gli spazi, sconvolgono le prospettive suggerendo una idea del tempo che annulla il divenire, ma si proietta in una idea di assoluto infinito. E’ la Stimmug che riduce il passato, il presente e il futuro, ad una dimensione indeterminata, eterna, che ci affascina e ci inquieta, a cui cerchiamo di sottrarci con il nostro continuo agitarci, ma a cui apparteniamo e a cui ci tocca tornare.
- Nella vita dell’artista la madre e il fratello sono state due figure sempre presenti, come li hai raffigurati?
La signora Gemma de Chirico e il fratello di Giorgio, Andrea (Alberto Savinio), sono in effetti determinanti nella esperienza individuale dell’artista. A ben vedere accompagnano tutte le fasi più importanti che hanno contribuito a formare la sensibilità dell’autore e l’invenzione di una pittura tanto complessa e originale. Infatti una lettura attenta dell’opera di de Chirico, rivela simboli riferibili ad un vissuto personale e famigliare molto forte: i ricordi dei luoghi dell’infanzia in Grecia, i dolci e i giocattoli rievocati in forme bizzarre, le locomotive sbuffanti in lontananza (il papà Evaristo fu un importante ingegnere ferroviario), le statue antiche, le piazze d’Italia…compongono un enigmatico percorso esistenziale che altro non è che un diario onirico di una esistenza “ordinaria” straordinariamente unica, perché unica ed eccezionale è la vita di ciascun individuo che sa riconoscerne il senso profondo.
- A chi ti dedicherai prossimamente? Tornerà il tuo commissario?
Si, credo che il mio amato Italo Grimaldi, commissario prestato alla Mobile, tornerà, così come ritornerà Pietro Sartorio, detto il miticoperaio, insieme ad altri personaggi a me cari. E lo faranno in una storia fatta di atmosfera e di tensione, un mystery naturalmente, in cui il tempo e la consapevolezza di “non essere”, sarà il vero ineluttabile motore della vicenda.