“TRE MADRI” DI FRANCESCA SERAFINI
NEL PANORAMA DEL GIALLO ITALIANO COMPARE LISA MANCINI NELLO STESSO TEMPO INVESTIGATRICE, VITTIMA E CARNEFICE.
di Cristina Marra
25/02/2021
Letto e recensito
Reggio Calabria. Vuoi davvero arrenderti? E’ la sfida che il videogame Candy Crush lancia al giocatore per superare il livello e procedere fino alla prossima richiesta di denaro per continuare a proseguire.
Si vuole arrendere davvero la commissaria Mancini che ha sempre avuto il fuoco vivo nel lavoro a svolgere un impiego d’ufficio? Lisa Mancini è una bella novità nel panorama dei protagonisti di gialli e noir nostrani, perché nuovo è il metodo narrativo per raccontarla e renderla nello stesso tempo investigatrice, vittima e carnefice, un personaggio triplice che riveste queste identità nel senso che si ritrova a essere anche lei una donna da scoprire, da salvare e da rispettare.
Un personaggio diviso in tre e che indaga a tre livelli su se stessa, sull’universo della maternità e su quello ancora più delicato dell’essere figli. Francesca Serafini, sceneggiatrice e al suo esordio nel romanzo con “Tre madri” (La nave di Teseo) rende la sua protagonista un personaggio a tutto tondo che si insinua tra le pagine e si occupa delle indagini per la sparizione di un ragazzo, River; che viveva in una piccola comunità al margine della città, considerato diverso dagli altri e per questo giudicato e che diventa per la commissaria motivo di ripresa da una sorta di letargo professionale.
Cosa ha fatto risvegliare in Lisa il bisogno di tornare al suo lavoro al fianco di una squadra che impara a conoscere e coinvolgere? Ecco, la genialità di Serafini sta proprio in questo, nel fare di Mancini non solo una brava detective ma anche una figlia tormentata. Lisa Mancini durante le indagini compie così due indagini parallele che la rendono vicina tanto alle madri quanto ai figli con cui ha a che fare in un caso che si rivela complesso e doloroso.
Dopo l’Interpol di Lione, Lisa chiede di essere trasferita e si rifugia in un piccolo centro della Romagna, l’immaginario Montezenta (alias Mutonia nel territorio di sant’Arcangelo di Romagna ), dove non ha mai spostato gli occhi dal suo telefonino, anche quando c’è stato da impartire ordini tutt’altro che gentili. Non è mai uscita per rispondere a una chiamata in prima persona , fino a quando la scomparsa del giovane River ( un nome che identifica il fluire del giovane nella vita) le fa scattare il meccanismo della ripartenza e come nel videogame, risponde sì e non si arrende.
Lisa a Montezenta fa una vita appartata, in affitto in un residence, condivide i pasti e qualche opinione con la coppia di proprietari e ha una sensibilità spiccata per gli odori e oserei dire per gli sguardi come quello della testa di un bambino di un’opera realizzata nel villaggi di Ca’ de Falùg creato da artisti che compongono opere riciclando gli scarti.
Lì viveva River. E una composizione di preziosi scarti la compie anche l’autrice mettendo insieme canzoni, film, citazioni tra le righe e assemblando sentimenti, lontananze, mancanze. I personaggi coinvolti nella ricerca del quindicenne River, figlio appunto di due artisti della comunità, appaiono smontati, con parti mancanti o ammaccate e hanno bisogno di essere ricomposti.
Si dice anche che è così che si diventa adulti, inoltrandosi in un sentiero che ci prepara al momento in cui non ci sarà nessuno a proteggerci e River, che avrebbe dovuto partecipare a un concerto in ricordo di Fabrizio De Andrè che aveva contribuito a organizzare, chissà dove è finito o perché ha deciso di non lasciare tracce.
Ritrovare il ragazzo, ricostruire il suo mondo, diventano una sfida irrinunciabile per Mancini che aveva vissuto la sua vita a industriarsi ostinatamente per farsi conoscere per quello che era e non per quello che sapeva far,” e ora deve dimostrare il contrario.
L’omaggio a De Andrè profuma le pagine e il titolo con tre madri coinvolte( più una) ed è un tributo che serpeggia nella vicenda intera, nell’indagine sociale sugli emarginati per scelta, sugli anticonformisti su chi decide di andare controcorrente. La marginalità comincia da Lisa Mancini, dal suo scrollarsi le responsabilità e anche le paure e le attenzioni che implica prendersi cura di qualcuno e anche di se stessi.
Serafini racconta una storia di crescita della sua protagonista, una formazione alla vita, all’essere figlia ed eventualmente madre. Il movente ossessiona Lisa e se individuarlo in un certo senso giustifica l’autore, non trovarlo è inquietante perché il male esiste e agisce più o meno preterintenzionalmente spargendo dolore su chiunque ci entri in contatto. L’autrice fa combattere i ricordi col futuro.
Lisa ha la madre di River da proteggere e altre madri, ma chi protegge Lisa? La bellezza delle canzoni, la poesia delle parole, lo scoprire il loro senso più intimo e profondo che Lisa fa grazie alla sua immedesimazione con River al suo saper essere figlia come lui e anche probabile madre diventano gli indizi per comprendere un grande personaggio e un anche meglio noi stessi.
Incipit Di là dal fiume e tra gli alberi del bosco alto, nei giorni di libeccio, quando dalla ferriera antica il fumo si abbassa fino alla foschia del primo mattino, il profilo medievale di Montezenta si distingue appena, tutto avvolto da una nebbia in cui la natura e le sue insidie si allacciano per consegnare alla vista la definizione opaca di un’ecografia prenatale.
Titolo Tre madri
Autore Francesca Serafini
Editore la Nave di Teseo
Prezzo euro 18,00
Si vuole arrendere davvero la commissaria Mancini che ha sempre avuto il fuoco vivo nel lavoro a svolgere un impiego d’ufficio? Lisa Mancini è una bella novità nel panorama dei protagonisti di gialli e noir nostrani, perché nuovo è il metodo narrativo per raccontarla e renderla nello stesso tempo investigatrice, vittima e carnefice, un personaggio triplice che riveste queste identità nel senso che si ritrova a essere anche lei una donna da scoprire, da salvare e da rispettare.
Un personaggio diviso in tre e che indaga a tre livelli su se stessa, sull’universo della maternità e su quello ancora più delicato dell’essere figli. Francesca Serafini, sceneggiatrice e al suo esordio nel romanzo con “Tre madri” (La nave di Teseo) rende la sua protagonista un personaggio a tutto tondo che si insinua tra le pagine e si occupa delle indagini per la sparizione di un ragazzo, River; che viveva in una piccola comunità al margine della città, considerato diverso dagli altri e per questo giudicato e che diventa per la commissaria motivo di ripresa da una sorta di letargo professionale.
Cosa ha fatto risvegliare in Lisa il bisogno di tornare al suo lavoro al fianco di una squadra che impara a conoscere e coinvolgere? Ecco, la genialità di Serafini sta proprio in questo, nel fare di Mancini non solo una brava detective ma anche una figlia tormentata. Lisa Mancini durante le indagini compie così due indagini parallele che la rendono vicina tanto alle madri quanto ai figli con cui ha a che fare in un caso che si rivela complesso e doloroso.
Dopo l’Interpol di Lione, Lisa chiede di essere trasferita e si rifugia in un piccolo centro della Romagna, l’immaginario Montezenta (alias Mutonia nel territorio di sant’Arcangelo di Romagna ), dove non ha mai spostato gli occhi dal suo telefonino, anche quando c’è stato da impartire ordini tutt’altro che gentili. Non è mai uscita per rispondere a una chiamata in prima persona , fino a quando la scomparsa del giovane River ( un nome che identifica il fluire del giovane nella vita) le fa scattare il meccanismo della ripartenza e come nel videogame, risponde sì e non si arrende.
Lisa a Montezenta fa una vita appartata, in affitto in un residence, condivide i pasti e qualche opinione con la coppia di proprietari e ha una sensibilità spiccata per gli odori e oserei dire per gli sguardi come quello della testa di un bambino di un’opera realizzata nel villaggi di Ca’ de Falùg creato da artisti che compongono opere riciclando gli scarti.
Lì viveva River. E una composizione di preziosi scarti la compie anche l’autrice mettendo insieme canzoni, film, citazioni tra le righe e assemblando sentimenti, lontananze, mancanze. I personaggi coinvolti nella ricerca del quindicenne River, figlio appunto di due artisti della comunità, appaiono smontati, con parti mancanti o ammaccate e hanno bisogno di essere ricomposti.
Si dice anche che è così che si diventa adulti, inoltrandosi in un sentiero che ci prepara al momento in cui non ci sarà nessuno a proteggerci e River, che avrebbe dovuto partecipare a un concerto in ricordo di Fabrizio De Andrè che aveva contribuito a organizzare, chissà dove è finito o perché ha deciso di non lasciare tracce.
Ritrovare il ragazzo, ricostruire il suo mondo, diventano una sfida irrinunciabile per Mancini che aveva vissuto la sua vita a industriarsi ostinatamente per farsi conoscere per quello che era e non per quello che sapeva far,” e ora deve dimostrare il contrario.
L’omaggio a De Andrè profuma le pagine e il titolo con tre madri coinvolte( più una) ed è un tributo che serpeggia nella vicenda intera, nell’indagine sociale sugli emarginati per scelta, sugli anticonformisti su chi decide di andare controcorrente. La marginalità comincia da Lisa Mancini, dal suo scrollarsi le responsabilità e anche le paure e le attenzioni che implica prendersi cura di qualcuno e anche di se stessi.
Serafini racconta una storia di crescita della sua protagonista, una formazione alla vita, all’essere figlia ed eventualmente madre. Il movente ossessiona Lisa e se individuarlo in un certo senso giustifica l’autore, non trovarlo è inquietante perché il male esiste e agisce più o meno preterintenzionalmente spargendo dolore su chiunque ci entri in contatto. L’autrice fa combattere i ricordi col futuro.
Lisa ha la madre di River da proteggere e altre madri, ma chi protegge Lisa? La bellezza delle canzoni, la poesia delle parole, lo scoprire il loro senso più intimo e profondo che Lisa fa grazie alla sua immedesimazione con River al suo saper essere figlia come lui e anche probabile madre diventano gli indizi per comprendere un grande personaggio e un anche meglio noi stessi.
Incipit Di là dal fiume e tra gli alberi del bosco alto, nei giorni di libeccio, quando dalla ferriera antica il fumo si abbassa fino alla foschia del primo mattino, il profilo medievale di Montezenta si distingue appena, tutto avvolto da una nebbia in cui la natura e le sue insidie si allacciano per consegnare alla vista la definizione opaca di un’ecografia prenatale.
Titolo Tre madri
Autore Francesca Serafini
Editore la Nave di Teseo
Prezzo euro 18,00