“QUELLO CHE NON DICONO” DI RICCARDO GAZZANIGA

SEDICI STORIE DI ANIMALI E DELLA LORO QUASI “UMANITÀ”

DI CRISTINA MARRA 03/10/2023
Le interviste di Cristina
RICCARDO GAZZANIGAReggio Calabria. Con “Quello che non dicono”, Riccardo Gazzanica propone sedici storie di animali emblematiche e esemplari che ci insegnano un’umanità che spesso ci sfugge e un’appartenenza al Pianeta senza gerarchie ma solo dettata dalla consapevolezza che siamo una delle moltissime specie che abitano la Terra. 

Con le illustrazioni di Alessandro Baronciani, il libro percorre vite di animali come quella dei pinguini fatati, della gatta Gli, del delfino Winter in cui il loro rapporto con l’uomo diventa riflessione sull’ambiente e sul nostro modo di viverlo insieme agli altri esseri viventi.
 
Riccardo, è il tuo settimo romanzo ma il primo con protagonisti animali, come mai questa scelta?

Diciamo che è il settimo libro, 4 sono romanzi, 3 sono raccolte di storie “reali” adatte anche ai ragazzi. “Quello che non dicono” si inserisce in quest’ultimo filone che avevo già percorso con “Abbiamo toccato le stelle” per parlare di sportivi e con “Come fiori che rompono l’asfalto” per personaggi storici campioni di coraggio oggi poco noti.

Stavolta, quasi per caso, mi sono ritrovato a pensare di cimentarmi con storie di animali che potessero far riflettere anche noi esseri umani. Non ero certo di trovare la chiave, ma appena mi sono messo alla ricerca di storie ne ho trovate alcune che mi hanno fatto subito capire che sì, si poteva fare.
 
Animali non umanizzati ma che aiutano l’uomo a essere più umano e rispettoso della natura e dell’ambiente?

Sì, io cercato di evitare l’antropomorfismo perché umanizzare gli animali significa farne il male. Per esempio, dipingere un grande predatore per un animale mansueto mette a rischio sia noi che il predatore. Allo stesso modo pensiamo che nutrire un animale selvatico sia aiutarlo, invece significa spesso destinarlo alla morte. 

Anche questa consapevolezza fa parte del rispetto. Il punto è che noi stessi esseri umani siamo animali, anche se spesso ce ne dimentichiamo. Ci poniamo su un piano di superiorità, invece il piano è quello della differenza tra specie. Non consideriamo infatti che noi siamo una delle molte specie animali del pianeta- però trattiamo la Terra come una cosa nostra, spesso danneggiandola in modo irreparabile. In questo percorso facciamo un danno a noi stessi e a tutti gli altri abitanti del globo.
 
Dallo scimpanzè David, ai gatti, ai pinguini fatati fino all’animale misterioso, come li hai scelti?RICCARDO GAZZANIGA

È sempre una scelta da narratore ovvero ho scelto le storie più narrative, quelle che funzionavano, che potevano agganciare il lettore e, insieme, far riflettere su temi più ampi.

Un gatto capace di sopravvivere a tre affondamenti navali ci racconta dell’assurdità della guerra, una tartaruga maschio che ama un altro maschio ci fa riflette sul concetto assurdo di contro-natura. Una delfina che nuota con una protesi sul superamento della menomazione, un cane che attraversa gli Stati Uniti da costa a costa per tornare a casa sulla capacità degli animali di provare emozioni. E così via.
 
In 16 storie racconti anche tematiche a te care, quanto ti ha aiutato il punto di vista animale a raccontare per esempio emarginazione, diversità, condivisione?

Direi che è stato un “appoggiarsi” alle loro vicende più che assumerne un punto di vista. Sarebbe complicato utilizzare un punto di vista animale senza umanizzarlo perché appunto è difficile inoltrarsi nei sentimenti degli animali, è un territorio ancora analizzato dalla scienza. Cosa provano? Delle emozioni, sicuramente, ma non raffrontabili alle nostre, appunto perché siamo specie diverse.

Però raccontare di uno scimpanzè che per la prima volta accetta il contatto con un’umana o di pappagalli feriti che aiutano i reduci fi guerra a superare il loro trauma diventa un modo per creare una forma di ponte fra le specie su territorio che trovano una qualche forma di condivisione, di vicinanza. e
 
Un libro per ragazzi ma adatto a tutte le età. Che rapporto hai con i tuoi lettori e quando li incontri?

Ho il privilegio di avere lettori di ogni età, dato che i miei libri per ragazzi sono letti da tanti adulti e alcuni dei miei romanzi per adulti sono finiti adottati nelle scuole. Il tipo di rapporto è differente. Con gli adulti gli incontri sono cauti, più compassati. Con le scuole superiori c’è il timore del giudizio, con le medie c’è un mix tra entusiasmo, distrazione, rispetto, con le elementari c’è molto entusiasmo, senza filtri. Ogni fascia di pubblico ti dà un qualcosa che è solo suo.
 
Le storie sono accompagnate da illustrazioni. Quanto ti piace vedere ritratti i tuoi protagonisti?

Molto, perché è interessante capire come una persona altra assorbe il tuo testo e pensa sia il modo migliore di rappresentarlo, che magari non è quello che avresti scelto tu. Per esempio, in questo libro c’è una storia che parla di Marsala, la cavalla di Garibaldi. Alessandro Baronciani che ha curato le illustrazioni ha rappresentato lei con Garibaldi in sella, ma senza mostrarne il viso. Io ho pensato fosse un errore, un disegno tagliato in bozza. Invece, giustamente, Alessandro ha voluto dare il proscenio alla protagonista affinché non fosse offuscata dal personaggio storico.
 
Autore per ragazzi ma anche di spy stories con In forma di essere umano. Quanto ti diverte e appassiona la scrittura?

“In forma di essere umano” racconta la caccia al criminale nazista Eichmann ed è come dici giustamente una spy story, un romanzo storico, un thriller, anche una non-fiction.
A me piace che ogni libro sia differente e che i lettori (spero) possano seguire me, più che un qualche filone riscontrabile nei miei libri.

Quanto alla scrittura è una delle gioie della mia vita. Forse la maggiore. È un territorio dove so di trovare un benessere. Quando mi metto a scrivere è come se mi astraessi dal mondo, eppure mentre sono lì sono anche assolutamente presente a me stesso! È una sorta di meditazione in cui però non mi limito all’osservazione ma creo qualcosa che prima non esisteva. Finire un libro è sempre una gioia anche per questo, perché ti ritrovi con qualcosa che non esisteva e che tu hai creato e che ti sopravviverà. È un modo per pensare di dare il proprio contributo e un senso allo stare al mondo.
 
C’è un protagonista di questo libro o dei precedenti a cui ti senti più legato?

Questa è una domanda sempre difficile perché non ha una risposta. Nel senso che ogni storia che ho raccontato, romanzata o reale, ha avuto la mia totale dedizione. Se devo scegliere una storia di “Quello che non dicono” credo che sia molto toccante quella della gorilla Ndakasi e del ranger Andre, uno dei molti ragazzi che combattono una vera guerra tra Congo, Ruanda, Uganda per difendere dai bracconiere e da gruppi terroristici il territorio del parco del Virunga, dove abitano gli ultimi gorilla di montagna.

Molti di questi ragazzi muoiono combattendo, di fatto per la natura, per l’idea che l’Africa ha il vero tesoro in un patrimonio di fauna e flora che potrebbe non finire mai tanto quanto le risorse del territorio che invece vengono depredate come il petrolio o i diamanti un giorno finiranno.

CRISTINA MARRA

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