“LE PENTOLE DEL DIAVOLO”, DI GERARDO RIZZO

ARRIVA IN LIBRERIA L’ULTIMO GIALLO DELLA SERIALITÀ STORICA DEL DELEGATO DI PS BALDASSA. ECCO L’INTERVISTA ALL’AUTORE

CRISTINA MARRA 31/03/2025
LE INTERVISTE DI CRISTINA
BALDASSA Messina alla fine dell’Ottocento è la protagonista della serialità di Gerardo Rizzo che dopo una vasta produzione di opere di saggistica si dedica alla narrativa scegliendo il genere del giallo storico. La città che si affaccia sull’omonimo Stretto nella penna di Rizzo diventa luogo d’indagine storica e sociale e l’autore ne coglie gli aspetti più nascosti e meno noti facendo riaffiorare vicende, tradizioni, sapori rimasti sopiti nel tempo. Il personaggio di Edoardo Baldassa, delegato della pubblica sicurezza “curioso dei contorti meccanismi della mente umana e della loro traduzione in gesti criminosi” ricorre in tre romanzi, l’ultimo è “Le pentole del diavolo” (Di Nicolò Edizioni) ambientato nella primavera del 1889. Uomo de nord arriva a Messina e rimane incantato dalla città che lo accoglie con profumi  e colori e Baldassa la scopre passeggiando o condotto dalle indagini in labirinti in cui il crimine si nasconde e tenta di sfuggire alla giustizia. Rizzo rende la sua accurata ricerca storica leggera e piacevole alla lettura e si sofferma sull’arte culinaria del territorio il cui odore per Baldassa diventa spesso il buongiorno quotidiano a casa della signora Maria, la sua affittuaria, o spunto di investigazione. La storia della città si interseca anche con gli stati d’animo o le emozioni del delegato che si lascia trasportare anche dal sogno o non si nega una sosta dal Ghiugghiu, “tra manicaretti della tradizione e allegre cantate con i mandolini”.

Gerardo, nell 2022 crei il personaggio del delegato di pubblica sicurezza Edoardo Baldassa già protagonista di tre romanzi, pensavi già da allora a una serialità?

In realtà no. Il primo dei romanzi che hanno il delegato come protagonista è nato per puro caso. Avevo intenzione di scrivere un romanzo sulla Messina preterremoto, e a questo scopo leggevo le pagine dei giornali di quegli anni, perché non sapevo ancora che taglio dare al libro. Mi sono imbattuto nella vicenda di questo notaio che una mattina esce da casa per un affare, e non fa ritorno. Il giorno dopo, un trafiletto comunica che non ci sono ancora notizie del notaio, poi basta, più nulla. Mi è sembrato uno spunto interessante, e poco a poco ci ho costruito attorno il contesto, con i personaggi sia reali che inventati. Non pensavo a una serialità, in origine, ma un po’ alla volta Baldassa ha preso il sopravvento...
 
Ambienti i tuoi romanzi gialli storici a Messina alla fine del 1800, perché hai scelto quel periodo e come procede il tuo lavoro di ricerca?

La Messina dell’Ottocento è oggetto di studio e di interesse fin dai tempi dell’Università. A lungo si è parlato di una città perfetta, soprattutto in confronto a quella odierna, e mi è piaciuto molto cercare di verificare la fondatezza di quella teoria. Si può dire che Messina sia protagonista dei romanzi nella stessa misura in cui lo è Edoardo Baldassa, non si accontenta di fare da sfondo; e per ricostrurla sulla carta mi avvalgo, oltre che della sterminata documentazione, anche di continui confronti e chiacchierate con i tanti amici con i quali condivido questo interesse. La città che ne viene fuori, la Messina di prima del terremoto, è una città con tanti pregi, ma anche con i suoi difetti, i suoi limiti: complessivamente, però, credo di poter dire che sia un po’ migliore di quella attuale...
 
Trama gialla ma anche indagine socio-culturale, coi tuoi romanzi ricostruisci e rendi noti aspetti, usanze, tradizioni, personaggi della Messina del tempo altrimenti andati dimenticati?BALDASSA

Dai testi più svariati ho cercato di trarre un’immagine quanto più possibile veritiera della città. Soprattutto testi dell’epoca: libri, giornali, riviste culturali, gli atti del consiglio comunale, pamphlet polemici, ma anche reportage di viaggio, che mi hanno dato la possibilità di capire come Messina e i messinesi fossero percepiti dai forestieri, fossero essi italiani o stranieri. Il quadro non è sempre lunsinghiero, a essere sinceri, ma nessuno è perfetto...
 
I profumi, gli odori e i sapori dei cibi sono determinanti nello svolgimento della trama e ogni romanzo inizia con uno di questi odori, quanto è fondamentale il cibo come memoria anche storica?

Be’, il cibo è fondamentale, forse in Sicilia più che altrove. La tavola diventa luogo di riflessione, di condivisione, di comunità. Quello del cibo è uno dei ricordi più forti e persistenti nel tempo che chi viene in Sicilia si porta dietro. E la tradizione gastronomica, con le sue stratificazioni e le sue sovrapposizioni, diventa paradigma degli avvicendamenti culturali che ci sono stati nella nostra isola. Le testimonianze dei viaggiatori che sono passati per Messina nei secoli sono ricchissime di questi elementi, e si rivelano una fonte inesauribile di spunti e di informazioni.
 
Che tipo è Baldassa e come da uomo del nord si adatta a Messina?

Edoardo Baldassa, come uomo, è uno a cui piace godersi la vita, e apprezza presto gli aspetti positivi della nuova sede: il cibo, il clima mite anche d’inverno, la vivacità culturale della Messina di fine ‘800, la socievolezza dei cittadini. Ama camminare a piedi, visita chiese e monumenti, va a teatro.
 
Nell’ultimo romanzo Le pentole del diavolo, Baldassa non è convinto del sospettato per l’omicidio di un noto avvocato, qual è il suo metodo d’indagine?

Il poliziotto è molto rigoroso: non si accontenta, come i suoi superiori richiederebbero, di trovare un colpevole di un delitto, ma vuole trovare il colpevole. E come “strumento” preferito delle sue indagini utilizza l’ascolto. Non dispone, come gli indagatori a noi contemporanei, di una tecnologia raffinata; si affida alla parola, all’osservazione, e quello che ascolta e sente gli risuona in testa per giorni, fino a quando un elemento, apparentemente insignificante, si può rivelare determinante.
 
Che rapporto ha con l’applicato Giovanni Rinaldi?

Con Rinaldi ha cominciato a lavorare fin da subito, appena arrivato a Messina. Tra i due si è instaurato un rapporto di reciproca fiducia: non sempre l’applicato riesce a tenere dietro alle intuizioni del suo superiore, ma si fida ciecamente, e mette in atto le direttive suggerite con la certezza che li porteranno a destinazione. Anche dal punto di vista umano c’è una forte intesa tra i due: Rinaldi, per esempio, prova a suggerire a Baldassa di tenere un atteggiamento più accondiscendente con i superiori, per il bene della carriera, ma con risultati scarsi. I due, per esempio, continuano a darsi formalmente del lei, ma si intuisce una forte complicità tra loro.
 
La serialità di Baldassa avrà un seguito?

Quando avevo scritto La Fata e la Lupa, credevo dovesse essere un romanzo a sé stante, poi le storia mi si sono presentate quasi da sole, scartabellando i documenti di cui ti dicevo prima. Le pentole del diavolo è invece il terzo romanzo della serie, ma posso anticipare ai “miei venticinque lettori” che il quarto è in arrivo per l’estate. Si chiamerà I ‘Nfumicati, ed è ambientato in una delle zone più inquinate e degradate della Messina di fine ‘800, la zona di San Francesco di Paola, dove stavano le concerie e le fornaci che inquinavano l’aria, l’acqua e il suolo di tutta la zona. Ma devo aggiungere che, oltre ai romanzi di Baldassa, altri progetti di scrittura scalpitano per venire al largo...
 

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