“INTORNO AL FUOCO”, INTERVISTA CON IL CURATORE BRUNO BERNI
LO STUDIOSO DI LETTERATURA DANESE FIRMA IL NONO VOLUME DI FIABE NORDICHE EDITE DA IPERBOREA
di Cristina Marra
12/12/2022
Letto e recensito
Reggio Calabria. Intorno al fuoco è il nono volume della serie di fiabe nordiche edita da Iperborea.
Curata da Bruno Berni, docente di letteratura danese e dirigente di ricerca dell’Istituto Italiano di Studi Germanici di Roma, la raccolta è dedicata a fiabe e storie della terra dei sami che l’artista danese Emilie Demant pubblicò nel 1922.
Nei suoi viaggi in Svezia l’autrice ascoltò e annotò, molto spesso intorno a un grande fuoco, le storie popolari della tradizione orale sami intrise di credenze, leggende e superstizioni di questo popolo. A cento anni dalla sua pubblicazione, Iperborea propone questo viaggio narrativo tra alci, Kote, renne, Stallo, Ciudi ,luci e ombre con le illustrazioni di Lavinia Fagiuoli.
Artista, studiosa, viaggiatrice, che donna era Emilie Demant? E quanto è stata fondamentale la sua raccolta per raccontare un popolo in modo diretto e divulgativo?
Emilie Demant era un’artista e non smise mai di esserlo, ma a partire dai suoi primi soggiorni nella Svezia settentrionale, durante in quali visse tra i sami, rimase affascinata dal popolo e dall’ambiente e a poco a poco, apprendendo la lingua, approfondì le tradizioni e ne scrisse.
Il suo contributo alla composizione del libro di Johan Turi Vita del lappone, e perciò alla prima vera narrazione di quel popolo, è fondamentale, ma con questi racconti, da lei raccolti in varie zone tra la Svezia e la Norvegia del Nord, il contributo diviene assolutamente personale. Il seguito le sue pubblicazioni sull’argomento si diradarono molto, non l’interesse, che da allora espresse però prevalentemente nell’arte.
Il libro raccoglie storie e leggende trascritte o recuperate oralmente, secondo te con che criterio le ha scelte Demant?
Molti dei racconti sono brevi, alcuni più lunghi, ma leggendoli è chiaro che hanno origine orale e che Demant si è limitata a tradurli, affidando commenti alle note e, in qualche caso, unendo diverse fonti. Il criterio di scelta pare affiorare dalle sezioni in cui si divide il libro: è chiaro che Demant ha cercato di coprire i vari aspetti della tradizione orale e i personaggi che vi compaiono, in molti casi certamente stimolando la narrazione con domande precise: ci sono personaggi che affiorano sempre nella narrazione dei sami, altri invece, che rivestono ruoli più dolorosi nella memoria di un popolo perché strettamente legati a esperienze storiche, probabilmente ha dovuto farli emergere con precise domande.
Che differenze ci sono tra fiabe e leggende?
Una parte dei racconti qui presentati appartiene al campo delle leggende, che procurano spiegazioni plausibili al rapporto con determinati animali – il cane, la renna, i pidocchi - o al loro aspetto – la strolaga, la distribuzione del grasso.
Oppure sono radicate in luoghi precisi spiegandone il nome. Alcune hanno, come dicevo prima, un legame con esperienze storiche – il rapporto con i Ciudi – che sono rimaste nella memoria del popolo, o con pratiche un tempo più diffuse, come le storie sui bambini soppressi. Le fiabe invece, come presso altre culture, hanno personaggi con aspetti di magia, caratteristica della fiaba.
Si vedano per esempio la serie di storie su Stallo o i personaggi paralleli di Njavišædne e Accišædne. In queste, che non hanno un radicamento con la realtà storica, compare frequentemente la contaminazione con temi comuni al resto d’Europa, come l’inganno nei confronti di Stallo per acquisire le sue ricchezze o salvarsi la vita, che nelle fiabe di altre aree riguarda l’orco o il gigante. Anche nelle fiabe su Njavišædne e Accišædne non è difficile intravedere somiglianze col ruolo persino di Cenerentola con la matrigna, per esempio, che conosciamo da fiabe a noi più note.
Gli alci sono animali domestici per i Sami, perché le leggende sugli alci sono più diffuse nelle zone meridionali della Svezia?
Demant spiega nelle sue note come le leggende sugli alci compaiano prevalentemente nelle regioni meridionali, mentre in quelle più a Nord è la renna a essere protagonista, perché in quelle il sostentamento delle piccole comunità è interamente affidato all’allevamento della renna.
Che rapporto hanno i Sami con la morte?
La morte compare in molte delle storie qui pubblicate. La sopravvivenza è uno dei temi centrali, in un clima ostico come quello della Scandinavia dell’estremo Nord. Perciò abbiamo la serie di storie sugli spiriti della malattia, che i sami cercavano di evitare e, se possibile, di lasciare agli insediamenti in pianura, abitati dagli scandinavi agricoltori. Gli spiriti non dovevano entrare nel kote - la tenda -, come è detto più volte, dovevano rimanere lontani dalla sida, che era il piccolo insediamento sami costituito da una o più famiglie con le relative renne.
Ma la morte compare come pericolo esterno, portato dagli agricoltori in cerca di terreni da strappare all’allevamento, o dai Ciudi durante le loro razzie. Il rapporto con la morte è una costante nella vita quotidiana e solo il noaide, ovvero lo sciamano, è in grado di governarla, di avere contatti con il mondo dei morti, persino di sconfiggerla, grazie alle sue arti, sebbene non sempre ci riesca, come dimostrano alcuni testi qui pubblicati.
Stallo e i Ciudi, su entrambi sono state riportate fiabe e leggende, in cosa differiscono queste due figure e cosa le accomuna?
Lo Stallo è un personaggio della tradizione sami, come in altre culture è l’orco o il gigante grande e forte, anche ricco talvolta, e in molti casi antropofago, ma piuttosto stupido, al punto che il sami riesce sempre a sconfiggerlo con la propria astuzia. Le storie che lo riguardano hanno sempre un finale positivo in cui i sami trionfano e sono fonte anche di qualche sana risata. I Ciudi invece sono figure con precisi contorni storici, bande di predoni che provenivano da est - attraverso il confine russo - e saccheggiavano i sami rubando e uccidendo. Le loro storie hanno fondamento reale e sono tramandate come monito: il popolo sami è indifeso, raccolto in piccole comunità vulnerabili, l’unica protezione è, talvolta, l’ingegno con cui sconfiggere tale nemico, spesso grazie alla precisa conoscenza del territorio e del clima.
La paura pervade spesso le storie, i Sami hanno paura anche tra di loro?
Come nelle storie sui Ciudi, era sempre presente la paura delle piccole comunità nei confronti di attacchi esterni. Inoltre l’assenza di confini e di organizzazione politica, l’esistenza di tante piccole comunità distribuite in un territorio molto ampio, la continua lotta con gli agricoltori per l’uso dei territori, erano fattori di timore per la sopravvivenza, e talvolta persino i sami più a Sud e quelli più a Nord, che non erano avvezzi ad avere contatti, temevano l’altro, sebbene appartenente alla stessa cultura, alimentando pregiudizi, paure e persino leggende, come nel caso del misterioso popolo dei Nuelesgiete.
Gli animali sono molto presenti con ruoli e simbologie diverse, me ne racconti qualcuno?
In queste storie c’è un’infinità di animali che facevano parte della vita quotidiana dei sami. Dalle renne, che erano l’unica fonte di sussistenza e potevano avere tratti magici, soprattutto le renne degli halde, popolo che viveva sotto terra e possedeva renne belle e preziose. Ma anche il cane, che è strumento di lavoro, compare spesso, insieme alle raccomandazioni per il suo trattamento e l’ammonizione che il cane malnutrito lavora male.
Poi c’è l’orso, tra tutti gli animali il più sciocco, spesso ingannato dagli altri animali come Stallo era ingannato dai sami. E sui vari animali selvatici ci sono storie nelle quali vengono giustificate alcune loro caratteristiche fisiche, come la strolaga dal becco indistruttibile, il picchio, il francolino, oppure l’origine di animali molesti come le zanzare e i pidocchi.
Curata da Bruno Berni, docente di letteratura danese e dirigente di ricerca dell’Istituto Italiano di Studi Germanici di Roma, la raccolta è dedicata a fiabe e storie della terra dei sami che l’artista danese Emilie Demant pubblicò nel 1922.
Nei suoi viaggi in Svezia l’autrice ascoltò e annotò, molto spesso intorno a un grande fuoco, le storie popolari della tradizione orale sami intrise di credenze, leggende e superstizioni di questo popolo. A cento anni dalla sua pubblicazione, Iperborea propone questo viaggio narrativo tra alci, Kote, renne, Stallo, Ciudi ,luci e ombre con le illustrazioni di Lavinia Fagiuoli.
Artista, studiosa, viaggiatrice, che donna era Emilie Demant? E quanto è stata fondamentale la sua raccolta per raccontare un popolo in modo diretto e divulgativo?
Emilie Demant era un’artista e non smise mai di esserlo, ma a partire dai suoi primi soggiorni nella Svezia settentrionale, durante in quali visse tra i sami, rimase affascinata dal popolo e dall’ambiente e a poco a poco, apprendendo la lingua, approfondì le tradizioni e ne scrisse.
Il suo contributo alla composizione del libro di Johan Turi Vita del lappone, e perciò alla prima vera narrazione di quel popolo, è fondamentale, ma con questi racconti, da lei raccolti in varie zone tra la Svezia e la Norvegia del Nord, il contributo diviene assolutamente personale. Il seguito le sue pubblicazioni sull’argomento si diradarono molto, non l’interesse, che da allora espresse però prevalentemente nell’arte.
Il libro raccoglie storie e leggende trascritte o recuperate oralmente, secondo te con che criterio le ha scelte Demant?
Molti dei racconti sono brevi, alcuni più lunghi, ma leggendoli è chiaro che hanno origine orale e che Demant si è limitata a tradurli, affidando commenti alle note e, in qualche caso, unendo diverse fonti. Il criterio di scelta pare affiorare dalle sezioni in cui si divide il libro: è chiaro che Demant ha cercato di coprire i vari aspetti della tradizione orale e i personaggi che vi compaiono, in molti casi certamente stimolando la narrazione con domande precise: ci sono personaggi che affiorano sempre nella narrazione dei sami, altri invece, che rivestono ruoli più dolorosi nella memoria di un popolo perché strettamente legati a esperienze storiche, probabilmente ha dovuto farli emergere con precise domande.
Che differenze ci sono tra fiabe e leggende?
Una parte dei racconti qui presentati appartiene al campo delle leggende, che procurano spiegazioni plausibili al rapporto con determinati animali – il cane, la renna, i pidocchi - o al loro aspetto – la strolaga, la distribuzione del grasso.
Oppure sono radicate in luoghi precisi spiegandone il nome. Alcune hanno, come dicevo prima, un legame con esperienze storiche – il rapporto con i Ciudi – che sono rimaste nella memoria del popolo, o con pratiche un tempo più diffuse, come le storie sui bambini soppressi. Le fiabe invece, come presso altre culture, hanno personaggi con aspetti di magia, caratteristica della fiaba.
Si vedano per esempio la serie di storie su Stallo o i personaggi paralleli di Njavišædne e Accišædne. In queste, che non hanno un radicamento con la realtà storica, compare frequentemente la contaminazione con temi comuni al resto d’Europa, come l’inganno nei confronti di Stallo per acquisire le sue ricchezze o salvarsi la vita, che nelle fiabe di altre aree riguarda l’orco o il gigante. Anche nelle fiabe su Njavišædne e Accišædne non è difficile intravedere somiglianze col ruolo persino di Cenerentola con la matrigna, per esempio, che conosciamo da fiabe a noi più note.
Gli alci sono animali domestici per i Sami, perché le leggende sugli alci sono più diffuse nelle zone meridionali della Svezia?
Demant spiega nelle sue note come le leggende sugli alci compaiano prevalentemente nelle regioni meridionali, mentre in quelle più a Nord è la renna a essere protagonista, perché in quelle il sostentamento delle piccole comunità è interamente affidato all’allevamento della renna.
Che rapporto hanno i Sami con la morte?
La morte compare in molte delle storie qui pubblicate. La sopravvivenza è uno dei temi centrali, in un clima ostico come quello della Scandinavia dell’estremo Nord. Perciò abbiamo la serie di storie sugli spiriti della malattia, che i sami cercavano di evitare e, se possibile, di lasciare agli insediamenti in pianura, abitati dagli scandinavi agricoltori. Gli spiriti non dovevano entrare nel kote - la tenda -, come è detto più volte, dovevano rimanere lontani dalla sida, che era il piccolo insediamento sami costituito da una o più famiglie con le relative renne.
Ma la morte compare come pericolo esterno, portato dagli agricoltori in cerca di terreni da strappare all’allevamento, o dai Ciudi durante le loro razzie. Il rapporto con la morte è una costante nella vita quotidiana e solo il noaide, ovvero lo sciamano, è in grado di governarla, di avere contatti con il mondo dei morti, persino di sconfiggerla, grazie alle sue arti, sebbene non sempre ci riesca, come dimostrano alcuni testi qui pubblicati.
Stallo e i Ciudi, su entrambi sono state riportate fiabe e leggende, in cosa differiscono queste due figure e cosa le accomuna?
Lo Stallo è un personaggio della tradizione sami, come in altre culture è l’orco o il gigante grande e forte, anche ricco talvolta, e in molti casi antropofago, ma piuttosto stupido, al punto che il sami riesce sempre a sconfiggerlo con la propria astuzia. Le storie che lo riguardano hanno sempre un finale positivo in cui i sami trionfano e sono fonte anche di qualche sana risata. I Ciudi invece sono figure con precisi contorni storici, bande di predoni che provenivano da est - attraverso il confine russo - e saccheggiavano i sami rubando e uccidendo. Le loro storie hanno fondamento reale e sono tramandate come monito: il popolo sami è indifeso, raccolto in piccole comunità vulnerabili, l’unica protezione è, talvolta, l’ingegno con cui sconfiggere tale nemico, spesso grazie alla precisa conoscenza del territorio e del clima.
La paura pervade spesso le storie, i Sami hanno paura anche tra di loro?
Come nelle storie sui Ciudi, era sempre presente la paura delle piccole comunità nei confronti di attacchi esterni. Inoltre l’assenza di confini e di organizzazione politica, l’esistenza di tante piccole comunità distribuite in un territorio molto ampio, la continua lotta con gli agricoltori per l’uso dei territori, erano fattori di timore per la sopravvivenza, e talvolta persino i sami più a Sud e quelli più a Nord, che non erano avvezzi ad avere contatti, temevano l’altro, sebbene appartenente alla stessa cultura, alimentando pregiudizi, paure e persino leggende, come nel caso del misterioso popolo dei Nuelesgiete.
Gli animali sono molto presenti con ruoli e simbologie diverse, me ne racconti qualcuno?
In queste storie c’è un’infinità di animali che facevano parte della vita quotidiana dei sami. Dalle renne, che erano l’unica fonte di sussistenza e potevano avere tratti magici, soprattutto le renne degli halde, popolo che viveva sotto terra e possedeva renne belle e preziose. Ma anche il cane, che è strumento di lavoro, compare spesso, insieme alle raccomandazioni per il suo trattamento e l’ammonizione che il cane malnutrito lavora male.
Poi c’è l’orso, tra tutti gli animali il più sciocco, spesso ingannato dagli altri animali come Stallo era ingannato dai sami. E sui vari animali selvatici ci sono storie nelle quali vengono giustificate alcune loro caratteristiche fisiche, come la strolaga dal becco indistruttibile, il picchio, il francolino, oppure l’origine di animali molesti come le zanzare e i pidocchi.