INCONTRO A PORDENONELEGGE CON DAVID SZALAY AUTORE DI “TURBOLENZA”

DODICI STORIE PER RACCONTARE L’INSICUREZZA DELL’EPOCA IN CUI VIVIAMO.

di Cristina Marra 30/09/2019
Incontri letterari
cri pordenonePordenone. “I miei protagonisti sono sospesi in una situazione senza tempo e senza luogo, stanno su un aereo e in alcune storie non si sa neppure dove si trovano, per me il volo è un pretesto per raccontare altro. Ciò che conta per me è far venire fuori ciò che è alla base di tutto e cioè l’umanità”, così David Szalay presenta il suo “Turbolenza” alla ventesima edizione di PordenoneLegge. Il libro raccoglie dodici racconti tra decolli, atterraggi, attese agli arrivi e partenze e riflessioni in volo, dodici storie come i mesi dell’anno intitolate alle sigle degli aeroporti in cui si svolgono, “una scelta che vuole essere una sorta di poesia moderna” rivela l’autore e legate da una staffetta tra i personaggi.

“Turbolenza” racconta attraverso la dimensione del volo personaggi sospesi e impauriti, dubbiosi e insicuri durante il viaggio, scossi da turbolenze fisiche o interiori. La turbolenza destabilizza l’aereo e può far versare un bicchiere d’acqua o il caffè ed è interpretata da Szalay come la perdita di sicurezza che investe i suoi protagonisti annodati tra loro da un filo, verrebbe da dire da una carta d’imbarco o da un bagaglio, che è la precarietà della sicurezza. Così come avviene in volo durante una turbolenza tutto si mette in discussione e si rimane come in una bolla col corpo e con la mente. Uomini e donne viaggiano da Londra a Madrid, da Dakar a San Paolo e verso altre destinazioni e sono madri, padri, amanti accomunati da un sentimento, un’emozione verso qualcuno che hanno lasciato in aeroporto o che ritroveranno in quello della loro destinazione, e da una ricerca di se stessi e di un equilibrio che è pur sempre precario e instabile.

Nati per una commissione di BBC Radio, i racconti conservano uno stile narrativo radiofonico, asciutto e preciso in cui il volo è reale, simbolico o metaforico. Se le distanze sono abbattute dall’uso sempre piu’ frequente di aerei, quelle intime e sentimentali a volte non si colmano mai. Szalay racconta relazioni interpersonali sospese, in cerca di un atterraggio sicuro, rimaste in quota per troppo tempo o incapaci di decollare. I suoi personaggi hanno la testa fra le nuvole, consapevoli chi piu’ e chi meno di quello che li attende al loro arrivo, galleggiano insieme agli altri passeggeri. L’aereo diventa così un microcosmo sociale, in cui in una convivenza inaridita nei movimenti e nelle scelte i passeggeri si scrutano o si ignorano.

Si comincia con una madre anziana che a Londra lascia il figlio malato e si intrecciano le storie di un uomo d’affari con la famiglia distrutta, di una moglie che vorrebbe lasciare il marito, di un pilota in cerca d’amore, di una scrittrice famosa che diventa nonna e così via.

Dall’Europa all’Asia all’America i personaggi di Szalay si raccontano, “andare in aereo fa parte della quotidianità e volare ha trasformato il mondo in una specie di arcipelago, si lascia un mondo e si arriva in un altro come se in mezzo non ci fosse niente” rivela Szalay,  “ nel momento del volo, i miei personaggi si staccano dal loro mondo reale .

il volo li sposta nella dimensione di arcipelago in cui i personaggi acquisiscono un modo differente di pensare e ho sfruttato la brevità in modo che ogni passaggio fosse un momento di vita fugace”. Scritti in sei mesi e influenzati dalla lettura in radio e quindi dall’oralità l’autore ammette di aver cambiato il modo di scrivere “avevo bisogno di estrema chiarezza, che tutto fosse davvero chiaro e per questo ho aggiunto momenti di alta drammaticità che forse non avrei inserito se il libro fosse stato letto in solitudine e in modo individuale e non in radio”.

“Amo i finali non costruiti” conclude David Szalay che, abituato a prendere aerei sin da piccolo, essendo nato in Canada, trasferito  a Londra e attualmente a Budapest, non nasconde il suo stato di disagio durante il volo, e i finali delle dodici storie non sono definiti, ma sono come la vita cioè in evoluzione.

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