"L'EREDITA' DI ZIO DOMENICO"… RICORDANDO EDUARDO
GRANDE PROVA D’AUTORE DI GEPPI DI STASIO CHE PROSEGUE IL RACCONTO DI FILUMENA MARTURANO
di Salvatore Scirè
05/11/2018
Visto e recensito
ROMA. Al Teatro delle Muse è di nuovo in scena una commedia che qualche anno fa ha riscosso un grande successo: stiamo parlando de “L’eredità di zio Domenico”, scritta e diretta da Geppi Di Stasio; un lavoro che l’Autore stesso non esita e definire un omaggio al grande Eduardo.
Non a caso, la storia che ci viene proposta ha una dichiarata provenienza eduardiana: i personaggi, infatti, sono estratti da quell’immenso e straordinario vissuto che risponde al titolo di “Filumena Marturano”. E l’Autore si diverte ad immaginare quello che potrebbe succedere in un ipotetico sequel che vede coinvolte alcuni di quei personaggi che ben conosciamo. Sicuramente una grande prova autorale, che Di Stasio supera con un brillantissimo voto.
In questa ideale e possibile prosecuzione di quella storia a tutti nota, l’Autore immagina che Riccardo e Michele, due dei tre figli di Filumena, vengono convocati da Rosalia (la fedele cameriera), poiché “zio Domenico” – come lo chiamano convenzionalmente i tre figli – è in punto di morte e si pone quindi il problema dell’eredità. Il terzo presunto figlio, Umberto, è lontano.
Come si ricorderà, nel lavoro di Eduardo, uno di questi tre figli era effettivamente di Domenico Soriano, ma Filumena, nello straordinario intreccio concepito dal grande drammaturgo napoletano, gli impone di riconoscerli tutti e tre come suoi figli legittimi, per non creare disparità tra di loro.
Richiamato l’antefatto, va evidenziato che in questa commedia viene sviluppata con successo la contrapposizione psicologica tra i due fratelli, che, in previsione di poter “passare all’incasso”, gareggiano nel sentirsi “più figlio” dell’altro. Salvo poi, ribaltare le rispettive posizioni, nel momento in cui Rosalia annuncia severamente che “zio Domenico” sta per lasciare in eredità soltanto debiti. Non solo, ma in questo curioso “gioco delle parti”, entrano in ballo altre due possibili pretendenti, la stessa Rosalia, in quanto persona di antica fedeltà, e Diana, una affascinante “amichetta” di “zio Domenico”.
In tutto questo, colpisce e stupisce l’inspiegabile assenza di “donna Filumena”, la quale, nel crescendo dello scontro fra i due fratelli, viene addirittura da loro criticata pesantemente per il suo passato di donna lasciva e mercenaria.
Ovviamente, non vi diciamo gli sviluppi e i colpi di scena che ci accompagnano alla conclusione della commedia (bisogna andare a vederla!). Possiamo solo aggiungere che Di Stasio, volutamente, ha cercato anche di prendere a modello lo stile di Eduardo “addirittura scrivendo i dialoghi, ispirandosi al ritmo tipico del grande Maestro”.
Il risultato finale ci regala sicuramente una delle commedie meglio riuscite di Geppi Di Stasio, ottimamente diretta dall’Autore e magistralmente interpretata dalla Compagnia Stabile del Teatro Delle Muse.
Una commedia in cui l’Autore analizza a fondo la psicologia opportunistica di certi individui. Un lavoro in cui l’opera di spin-off è funzionale per portare avanti un’analisi di natura psicologica e sociologica.
Di Stasio si cala magistralmente nei panni di Riccardo (imprenditore di successo e donnaiolo, guarda caso proprio come zio Domenico!), mentre il fratello Michele (idraulico, con moglie e tre figli a carico), viene egregiamente interpretato da un Rino Santoro in splendida forma.
Accanto a loro, indiscussa protagonista femminile è Wanda Pirol, come sempre incisiva e brillante, nell’impegnativo ruolo di Rosalia, la “serva”, che si diverte a comandare il gioco; un perfido gioco nel quale rimangono impigliati i due fratelli (o fratellastri!)
Completano il cast la bravissima Roberta Sanzò (spigliata e sicura sulla scena nel ruolo di Diana), Antonio Lubrano, efficace e credibile nel ruolo del dott. Del Noce, e la brava Carol Lauro, una piacevole sorpresa nella parte di Luana!
Uno spettacolo sicuramente da vedere! Ne vale proprio la pena!
Teatro Delle Muse - fino al 25 novembre 2018
Via Forlì 43, Roma - tel. 06.44233649 o 06.44119185
Non a caso, la storia che ci viene proposta ha una dichiarata provenienza eduardiana: i personaggi, infatti, sono estratti da quell’immenso e straordinario vissuto che risponde al titolo di “Filumena Marturano”. E l’Autore si diverte ad immaginare quello che potrebbe succedere in un ipotetico sequel che vede coinvolte alcuni di quei personaggi che ben conosciamo. Sicuramente una grande prova autorale, che Di Stasio supera con un brillantissimo voto.
In questa ideale e possibile prosecuzione di quella storia a tutti nota, l’Autore immagina che Riccardo e Michele, due dei tre figli di Filumena, vengono convocati da Rosalia (la fedele cameriera), poiché “zio Domenico” – come lo chiamano convenzionalmente i tre figli – è in punto di morte e si pone quindi il problema dell’eredità. Il terzo presunto figlio, Umberto, è lontano.
Come si ricorderà, nel lavoro di Eduardo, uno di questi tre figli era effettivamente di Domenico Soriano, ma Filumena, nello straordinario intreccio concepito dal grande drammaturgo napoletano, gli impone di riconoscerli tutti e tre come suoi figli legittimi, per non creare disparità tra di loro.
Richiamato l’antefatto, va evidenziato che in questa commedia viene sviluppata con successo la contrapposizione psicologica tra i due fratelli, che, in previsione di poter “passare all’incasso”, gareggiano nel sentirsi “più figlio” dell’altro. Salvo poi, ribaltare le rispettive posizioni, nel momento in cui Rosalia annuncia severamente che “zio Domenico” sta per lasciare in eredità soltanto debiti. Non solo, ma in questo curioso “gioco delle parti”, entrano in ballo altre due possibili pretendenti, la stessa Rosalia, in quanto persona di antica fedeltà, e Diana, una affascinante “amichetta” di “zio Domenico”.
In tutto questo, colpisce e stupisce l’inspiegabile assenza di “donna Filumena”, la quale, nel crescendo dello scontro fra i due fratelli, viene addirittura da loro criticata pesantemente per il suo passato di donna lasciva e mercenaria.
Ovviamente, non vi diciamo gli sviluppi e i colpi di scena che ci accompagnano alla conclusione della commedia (bisogna andare a vederla!). Possiamo solo aggiungere che Di Stasio, volutamente, ha cercato anche di prendere a modello lo stile di Eduardo “addirittura scrivendo i dialoghi, ispirandosi al ritmo tipico del grande Maestro”.
Il risultato finale ci regala sicuramente una delle commedie meglio riuscite di Geppi Di Stasio, ottimamente diretta dall’Autore e magistralmente interpretata dalla Compagnia Stabile del Teatro Delle Muse.
Una commedia in cui l’Autore analizza a fondo la psicologia opportunistica di certi individui. Un lavoro in cui l’opera di spin-off è funzionale per portare avanti un’analisi di natura psicologica e sociologica.
Di Stasio si cala magistralmente nei panni di Riccardo (imprenditore di successo e donnaiolo, guarda caso proprio come zio Domenico!), mentre il fratello Michele (idraulico, con moglie e tre figli a carico), viene egregiamente interpretato da un Rino Santoro in splendida forma.
Accanto a loro, indiscussa protagonista femminile è Wanda Pirol, come sempre incisiva e brillante, nell’impegnativo ruolo di Rosalia, la “serva”, che si diverte a comandare il gioco; un perfido gioco nel quale rimangono impigliati i due fratelli (o fratellastri!)
Completano il cast la bravissima Roberta Sanzò (spigliata e sicura sulla scena nel ruolo di Diana), Antonio Lubrano, efficace e credibile nel ruolo del dott. Del Noce, e la brava Carol Lauro, una piacevole sorpresa nella parte di Luana!
Uno spettacolo sicuramente da vedere! Ne vale proprio la pena!
Teatro Delle Muse - fino al 25 novembre 2018
Via Forlì 43, Roma - tel. 06.44233649 o 06.44119185