IL PROIBIZIONISMO E LA GRANDE DEPRESSIONE NELLA GRAPHIC NOVEL DI MIGNACCO E RAFFAELLI

LE ATMOSFERE DEL ROMANZO POLIZIESCO HARD BOILER RACCONTATE DAL DISEGNATORE DI KELLER

di Cristina Marra 19/06/2018
Visto e recensito
kellerIl rosso e il nero della copertina, un volto in chiaro scuro e sullo sfondo una metropoli americana, si presenta così il corposo inedito “Keller” graphic novel di Luigi Mignacco e Paolo Raffaelli. La complessità e la doppiezza dell’America del Proibizionismo e della Grande Depressione riflettono anche quella del protagonista Tommaso Keller, uomo d’azione che si destreggia tra giustizia, vendetta e cambiamento. La sua identità a quindici anni di distanza dalla morte di Testa Rossa, gangster di Philadelphia, innesca una serie di vicende che portano morte e violenza. Sceneggiatore e disegnatore propongono un gangster movie che affonda le radici nel romanzo poliziesco hard boiler e nel cinema di Sergio Leone. Raffaelli si occupa di fumetti dagli Anni Novanta e con “I combattenti” avvia il sodalizio con lo sceneggiatore Mignacco.
 
Paolo, come inizia il tuo lavoro? Leggi tutta la sceneggiatura?
Di solito no, a volte non è nemmeno tutta disponibile quindi non si può fare altrimenti, con Keller sapevamo già che avremmo dovuto fare quasi 300 pagine, quindi una mole considerevole. Chiedo sempre però allo sceneggiatore un “sunto” della storia per capire la direzione e il tipo di umore, di stato d’animo che devo creare.
 
Non è la prima volta che lavori con Mignacco. Che rapporto si instaura tra sceneggiatore e disegnatore?
Con Luigi avevamo già fatto un albo de Le Storie e mi ero trovato molto bene, siamo due tipi calmi e piuttosto gioviali e parliamo molto quando ci incontriamo. Non è stato quindi difficile trovare sempre un punto di contatto forte per tutti i vari capitoli della storia. Spero insomma di non terminare certo qui questa collaborazione!
 
Keller è ambientato negli anni Venti e Trenta in America. Come hai gestito i salti temporali e i cambiamenti di ambientazione e fisionomia dei personaggi?
Mi sono documentato con una certa cura. Prima consideravo i due decenni quasi in modo uguale, invece ci sono moltissime differenze! Nella moda, negli oggetti, nelle città, nelle automobili. Basta stare attenti a questi particolari e chi legge ti segue, anche in assenza di precise indicazioni temporali, senza grosse difficoltà. È una delle cose di cui sono più fiero.
 
Come hai scegli il volto di Keller?
È venuto fuori un po’ alla volta, cercavamo un volto che potesse anche rimanere riconoscibile facilmente nonostante il passare degli anni. Il LA me lo diede una fotografia segnaletica incontrata nelle ricerche di documentazione che è anche contenuta nel corposo apparato redazionale del volume. Poi mi sono sempre piaciuti i personaggi con la fronte e il naso pronunciati. MI sembra che alla fine sia stata una scelta azzeccata.keller
 
Ci sono ambientazioni urbane e rurali. Quali hai preferito disegnare?
Non saprei dire se ho una preferenza, anche perché non le ho viste come differenti, nel senso che cercavo soprattutto di restituire l’idea di un’epoca precisa inserendo elementi caratterizzanti molto specifici. Alla fine le vignette che preferisco sono un mix dei due, paesaggi aperti con qualche costruzione. Sono un disegnatore di periferie, insomma...
 
 Tanti gli omaggi e le citazioni letterarie e cinematografiche. A chi hai dedicato Keller in particolare?
In effetti un misto delle due! Mi sono lasciato trasportare da film tratti da libri che avevo letto, come Uomini e topi da Steinbeck, Il Padrino da Puzo o Il grande Gatsby da Fitzgerald, ma se devo dire un’opera che è stata sempre di sottofondo per tutti i due anni di lavoro, beh, sicuramente l’immenso Sergio Leone di C’era una volta in America.
 
Le inquadrature delle tue vignette sembrano avere un taglio cinematografico.  Quanto ti influenza il grande schermo?
Tanto! Anche se poi il fumetto ha un suo linguaggio più che specifico e la possibilità di variare la grandezza e la forma dell’inquadratura è fondamentale. Non posso negare però che ogni volta che vedo un film o una serie tv pensi a come sarebbe fatta a fumetti...
 
kellerQual è il tuo metodo di lavoro? Disegni in silenzio o ascoltando musica?
Musica, sempre. Sono abituato a sentire musica facendo qualsiasi cosa. Lo devo sicuramente ai miei genitori, grandissimi appassionati di jazz (mio padre fu anche un ottimo sassofonista nei primi anni ‘50) e è per me inconcepibile non avere un “suono che mi piace” mentre lavoro.
 
Che rapporto si crea tra disegnatore e personaggi seriali?
Ah, come con un vecchio amico che a volte non sopporti più, ahahah! A parte gli scherzi, entrando nel meccanismo produttivo il personaggio che disegni tante volte diventa un po’ tuo, lo cambi in maniera più o meno sottile, lo rendi riconoscibile dalle altre interpretazioni. Per esempio con Adam Wild, di Gianfranco Manfredi, che mi ha lasciato tutta la libertà che volevo, ho volutamente forzato l’aspetto che gli hanno dato gli altri disegnatori e mi sono piuttosto divertito.
 
Mi dici a quale dei tuoi personaggi ti senti più legato?
Uno che non è mai stato edito. Il personaggio che mi ha aperto le porte del fumetto e che mi ha procurato molti dei lavori che ho fatto, ma che è rimasto inedito. È un pilota della Luftwaffe di nome Hermann. Chissà che un giorno...
 
Progetti futuri?
Ecco, per esempio… Hermann magari potrebbe vedere la luce. Per ora sono sulla serie Bonelli Dampyr, ma ho diversi progetti che potrebbero partire a breve, vedremo...
 
"KELLER"
LUIGI MIGNACCO E PAOLO RAFFAELLI
EDITORE SERGIO BORRELLI
EURO 22

Articoli SPETTACOLO

Contattaci