MASSIMO ROMEO PIPARO, UNA VITA PER IL PALCOSCENICO

Amavo il musical e speravo di farlo come attore, ma alla fine ha prevalso il regista. Il Sistina è la mia casa

Intervista di Salvatore Scirè 20/02/2018
Personaggi
ROMA - Incontriamo Massimo Romeo Piparo nella maestosa platea del Teatro Sistina, il tempio della commedia musicale italiana che Piparo dirige dal 2013 producendo i più grandi musical internazionali in lingua italiana. I tecnici stanno sistemano alcuni dettagli scenici ed effettuando la prova microfoni, sotto l’occhio attento del regista. Tutto a posto! Può iniziare così la nostra chiacchierata.
Massimo Piparo
Nativo di  Messina, Massimo Piparo ha visto sbocciare presto  la sua passione per il teatro: infatti, da piccolo, la madre lo portava al Teatro Greco di Tindari, per assistere alle rappresentazioni dei grandi lavori classici. Massimo Piparo, che ha curato moltissimi spettacoli di vario genere, ha anche scritto il musical “Lady Day – La signora Billie Holiday” (protagonista la bravissima Amii Stewart). Inoltre  traduce e adatta (l’inglese è la sua seconda lingua) i grandi musical americani che ha importato in Italia e messo in scena: basti pensare a successi come Evita, Jesus Christ Superstar, La febbre del sabato sera o Cenerentola. Oppure “Il vizietto – La cage aux foles”, con Massimo Ghini e Cesare Bocci.  Fino agli ultimi successi come Billy Elliot e Mamma Mia! Si è cimentato nella stagione 2011/12 in Rinaldo in Campo, una commedia musicale, scritta 50 anni fa da Garinei & Giovannini, con le musiche di Domenico Modugno, che debuttò a Torino in occasione dei 100 anni dell’unità d’Italia, accolta trionfalmente dal pubblico.
 
Insomma, il teatro è un amore che risale addirittura all’infanzia?
“Direi proprio di si: quando mia madre mi portava al Teatro Greco di Tindari,  io mi appassionavo tantissimo, perché riuscivo a vedere gli attori anche quando uscivano di scena; infatti mi incuriosiva molto proprio ciò che succedeva  dietro le quinte”
 
Quando è avvenuta la scelta di dedicarti esclusivamente alla regia?
Piparo: “A 17 anni già frequentavo laboratori teatrali, iniziando quasi subito a  calcare le scene. Però capii subito che non ero fatto per stare sul palco a farmi dire da altri che cosa fare, non ero plasmabile, non mi sentivo disciplinato da quel punto di vista e così ho deciso di fare il salto dall’altra parte della barricata. E poi da sempre sognavo Londra e il musical: ma in effetti l’avrei voluto fare da attore, solo che  non mi sentivo abbastanza preparato per cantare e recitare. Siccome sognavo anche di farlo da regista, allora  ho imboccato la strada che mi ha portato alla regia”.
 
In Rinaldo in Campo,  hai riadattato il linguaggio, rendendolo innanzi tutto più attuale.
 Piparo: “Certamente; già nel 2001 Pietro Garinei mi affidò il copione di Rinaldo, chiedendomi di attualizzarlo, cosa che ho fatto, ma, da siciliano, avevo anche  l’obbligo di trattare in maniera corretta la nostra lingua. Garinei & Giovannini, essendo romani, non avevano certo il dovere in senso letterario di conoscere il siciliano,  ma io non potevo esimermi da questo compito!”
 Rinaldo in campo Serena Autieri
E la tua Sicilia, quella che ci restituisci in Rinaldo, com’è?
Piparo: “Naturalmente la Sicilia di allora è molto cambiata. Se fu giusto proporla in un certo modo 50 anni fa oggi occorre darle un volto diverso, che conservi gli antichi sapori ma aggiunga il segno di tante mutazioni. Una Sicilia viva. Il compito è difficile però stimolante”.
 
Hai portato Rinaldo in Campo anche al Teatro Massimo di Palermo. Per te, si è trattato di un ritorno a casa oppure di una nota dolente?
Piparo: “Purtroppo in Sicilia non mi sento tanto a casa, sono stato trattato non come, secondo me, era giusto, soprattutto dal Teatro di Palermo. Con grande amarezza non mi sento a casa a Messina, dove sono nato e dove ho dato molto al teatro di quella città. Però, proprio in Rinaldo io racconto la mia Sicilia, ma mi piace raccontare la mia terra da lontano, quella che mi porto appresso, nel cuore;  la mia sicilianità sta nella mia vita, nel mio lavoro; è  una terra dove non tornerò, ma che amo e che guardo da lontano, dove avverto di non essere riamato, diciamo che si tratta di un divorzio consensuale: ho capito subito di non essere desiderato, probabilmente perché sono una persona libera”.  

In conferenza stampa, hai accennato a qualche spunto polemico, a proposito di unità del paese. Infatti, durante la “canzone della bandiera”, su un grande velatino “tecnologico”, insieme alle foto dei grandi del Risorgimento e dei Presidenti della Repubblica, vengono proiettati titoli di giornali stridenti e fuori luogo, ovvero appelli di personaggi che parlano linguaggi di secessione. Da siciliano, come ci spieghi questa scelta?
Piparo:  “Io credo oggi nell’unità, non in quella  demagogica o populistica, ma nell’unità soprattutto culturale, umana, di solidarietà: ormai  non è più il momento di egoismi regionalistici. D’altronde, basta conoscere la storia per sapere che i problemi del sud nascono al nord. Oggi non si può più criminalizzare il sud”.

Torniamo a discorsi più propriamente specifici. Quando scegli gli attori, dai più importanza alla parte recitativa o a quella vocale?  
Piparo: “Molto dipende dalla tipologia dell’opera: gli attori devono essere soprattutto credibili come personaggi e per quello che raccontano. A volte abbiamo assistito a meravigliose prove canore e poi, in quanto a recitazione... ”

Da regista, preferisci farti amare o odiare dagli attori? In altre parole, ti piace sentirti il “despota della situazione” oppure il “buon papà o fratello maggiore?
Piparo: “Di solito, io mi pongo anche troppo nei loro  panni, a loro livello, non creo barriere non mi faccio chiamare maestro dopo oltre 20 regie, e sbaglio, perché i registi despoti sono molto più rispettati, ma io continuerò ad offrire sempre la mia benevolenza. Per farsi rispettare bisogna avere le idee chiare e conoscere il proprio mestiere, questa è la mia forza delle idee.”      
Per concludere, come vedi oggi il mondo teatrale e dello spettacolo in genere, visto il grande momento di crisi sociale ed economica che stiamo attraversando?
 Piparo: “Apprezzo nelle crisi la pulizia che fanno: credo nella crisi darwiniana, e dico che dalle crisi sopravvivono i più forti, i migliori; la crisi lascerà sul campo i veri sopravvissuti.”

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