“LA TRINACRIA E’ FEMMINA” CON ILENIA COSTANZA, LORENA VETRO E MONICA TENEV
SAPORE DI SICILIA AI GIARDINI DELLA FILARMONICA
SALVATORE SCIRE'
11/08/2023
Visto e recensito
Roma. Ai Giardini della Filarmonica di Via Flaminia, nell’ambito della rassegna estiva I SOLISTI DEL TEATRO, è andato in scena uno spettacolo ricco di colore e dal sapore nostalgico, specialmente per i tanti siciliani “emigrati” che, come chi scrive, vivono a Roma da moltissimi anni. Stiamo parlando della rappresentazione “La Trinacria è Femmina”, messa in scena dal un interessante e valido trio di ragazze, ossia Ilenia Costanza, Lorena Vetro e Monica Tenev, le quali, in misura variabile, fanno un po’ di tutto: recitano, cantano, suonano! E lo fanno egregiamente!
Lo spettacolo, è stato curato da Ilenia Costanza, la quale ha curato la scelta dei testi e ha creato il fil rouge: costituito da una perentoria affermazione di principio secondo cui la Sicilia, ovvero la Trinacria, è un nome proprio femminile: e lo motiva con il fatto che i sostantivi più significativi della storia e della cultura siciliana sono di genere femminile (grammaticalmente parlando, ovvio); e anche il pistacchio lo è: in dialetto, infatti, lo squisito frutto diventa “fastuca”!
Ovviamente, questo fil rouge si rivela, in pratica, una bella intuizione e soprattutto un valido pretesto per imbastire uno spettacolo interessante, ricco di dettagli, di notizie, di omaggi ai grandi scrittori.
E così, per soddisfare la curiosità degli astanti, le tre artiste danno inizio al loro racconto, o meglio, u cuntu, ispirandosi un po’ alla tradizione dei cantastorie isolani. “Considerateci un po’ le Gorgoni della mitologia, che danno senso alla Trinacria”.
E già, dopo i Fenici, la Sicilia fu colonizzata dai Greci, poi arrivarono i Romani, guidati dal console Marcello. E poi, a seguire, le invasioni, le liberazioni, le occupazioni: fenomeni storici e geopolitici, i quali hanno fatto si che la nostra magnifica isola assistesse a una continua sedimentazione e stratificazione delle diverse culture: greca, romana, araba, normanna, francese, spagnola.... e dobbiamo dire che ne è venuto fuori un cocktail unico e straordinario.
Le nostre protagoniste ci hanno deliziato con la spiegazione della “fuitina”, con canzoni struggenti come Nicuzza (una serenata), con la narrazione della leggenda di Colapesce, con il ricordo della figura importante di Federico II.
Molte le citazioni e gli omaggi letterari, come “Ciaula scopre la luna” di Pirandello, passando attraverso brani di Peppino Impastato e di Gesualdo Bufalino, di Leonardo Sciascia ed Ignazio Buttitta, ma anche un omaggio alla musica di Rosa Balistrieri, accostandoci Otello Profazio e Domenico Modugno, che ha scritto tante canzoni in siciliano, ma soprattutto la bellissima Amara terra mia, che l’orchestra al femminile usa per introdurre un tema delicato come quello dell’emigrazione, che ha visto tanti siciliani partire per terre lontane, portandosi dietro un carico di nostalgia e di ricordi.
Ilenia Costanza recita, legge, presenta con grazia e simpatia, ma si cimenta anche nelle percussioni, e canta, mentre Lorena Vetro suona la chitarra, interagisce con le altre e canta, mettendo in mostra una splendida voce; Monica Tenev, interviene ogni tanto con singole battute e canta, ma soprattutto suona magnificamente il bandoneon e il flauto.
L’uso diffuso del dialetto e di colorite espressioni dialettali rende lo spettacolo ancora più gradevole.
Sicuramente un’idea interessante, che incuriosisce e che si fa apprezzare. Uno spettacolo già andato in scena in qualche teatro romano e non solo. E che sicuramente continuerà a vivere e a crescere!
Complimenti e... baciamo le mani!
Salvatore Scirè
Lo spettacolo, è stato curato da Ilenia Costanza, la quale ha curato la scelta dei testi e ha creato il fil rouge: costituito da una perentoria affermazione di principio secondo cui la Sicilia, ovvero la Trinacria, è un nome proprio femminile: e lo motiva con il fatto che i sostantivi più significativi della storia e della cultura siciliana sono di genere femminile (grammaticalmente parlando, ovvio); e anche il pistacchio lo è: in dialetto, infatti, lo squisito frutto diventa “fastuca”!
Ovviamente, questo fil rouge si rivela, in pratica, una bella intuizione e soprattutto un valido pretesto per imbastire uno spettacolo interessante, ricco di dettagli, di notizie, di omaggi ai grandi scrittori.
E così, per soddisfare la curiosità degli astanti, le tre artiste danno inizio al loro racconto, o meglio, u cuntu, ispirandosi un po’ alla tradizione dei cantastorie isolani. “Considerateci un po’ le Gorgoni della mitologia, che danno senso alla Trinacria”.
E già, dopo i Fenici, la Sicilia fu colonizzata dai Greci, poi arrivarono i Romani, guidati dal console Marcello. E poi, a seguire, le invasioni, le liberazioni, le occupazioni: fenomeni storici e geopolitici, i quali hanno fatto si che la nostra magnifica isola assistesse a una continua sedimentazione e stratificazione delle diverse culture: greca, romana, araba, normanna, francese, spagnola.... e dobbiamo dire che ne è venuto fuori un cocktail unico e straordinario.
Le nostre protagoniste ci hanno deliziato con la spiegazione della “fuitina”, con canzoni struggenti come Nicuzza (una serenata), con la narrazione della leggenda di Colapesce, con il ricordo della figura importante di Federico II.
Molte le citazioni e gli omaggi letterari, come “Ciaula scopre la luna” di Pirandello, passando attraverso brani di Peppino Impastato e di Gesualdo Bufalino, di Leonardo Sciascia ed Ignazio Buttitta, ma anche un omaggio alla musica di Rosa Balistrieri, accostandoci Otello Profazio e Domenico Modugno, che ha scritto tante canzoni in siciliano, ma soprattutto la bellissima Amara terra mia, che l’orchestra al femminile usa per introdurre un tema delicato come quello dell’emigrazione, che ha visto tanti siciliani partire per terre lontane, portandosi dietro un carico di nostalgia e di ricordi.
Ilenia Costanza recita, legge, presenta con grazia e simpatia, ma si cimenta anche nelle percussioni, e canta, mentre Lorena Vetro suona la chitarra, interagisce con le altre e canta, mettendo in mostra una splendida voce; Monica Tenev, interviene ogni tanto con singole battute e canta, ma soprattutto suona magnificamente il bandoneon e il flauto.
L’uso diffuso del dialetto e di colorite espressioni dialettali rende lo spettacolo ancora più gradevole.
Sicuramente un’idea interessante, che incuriosisce e che si fa apprezzare. Uno spettacolo già andato in scena in qualche teatro romano e non solo. E che sicuramente continuerà a vivere e a crescere!
Complimenti e... baciamo le mani!
Salvatore Scirè