“REGINE DI CARTONE” DI MARINA PIZZI E LA REGIA DI SILVIO GIORDANI
IL MONDO E I DRAMMI DI TRE DONNE AI MARGINI DELLA SOCIETA’, BRAVISSIME LE INTERPRETI: ANGIOLA BAGGI, MIRELLA MAZZERANGHI E MARIA CRISTINA GIONTA
SALVATORE SCIRE'
12/11/2024
VISTO E RECENSITO
Roma. E’ in scena al Teatro Marconi di Roma una interessante pièce che racconta un mondo per alcuni versi invisibile: quello dei clochards, o dei barboni, se vogliamo usare la parola italiana.
A quanti di noi, a volte, capita di passare davanti a un bosco, o a una grotta, o un qualsiasi anfratto, senza sapere che quei luoghi improbabili sono diventati in realtà “la casa” (o il rifugio) di un incerto numero di invisibili.
Ecco, è proprio questo il mondo nascosto che l’Autrice Marina Pizzi, attraverso lo spettacolo “Regine di cartone” ha voluto descrivere, e lo ha fatto svelandolo con delicatezza e con sottile ironia, in alcuni momenti anche con humour.
In un luogo indefinibile, in mezzo a cassette di frutta vuote e soprattutto scatole di cartone, si sono ritrovate tre donne: Gina ex attrice di teatro, ormai stanca e poco reattiva, Tonta, una sessantenne che mantiene ancora in serbo una piccola riserva di ottimismo, e Ruvida, una ex prostituta decisa e risoluta, ma dal passato misterioso e turbolento, fatto di frequentazioni poco raccomandabili.
Il dramma ci illustra questo microcosmo di umanità dimenticata (o disadattata?), dove l’assoluta penuria di mezzi esaspera ogni senso di possesso: un panino rimediato chissà come non si cede, ne va della sopravvivenza individuale: quindi, tra i ricordi di ciascuna, tra la minaccia presunta di alcuni individui che forse hanno qualche conto in sospeso, si susseguono fra le tre donne duri scontri, contrasti, discussioni, critiche e autocritiche.
Però – e questa è la bellezza dell’evoluzione drammaturgica – a poco a poco, le tre barbone si aprono l’una con l’altra, diventano quasi una famiglia: scoprono la solidarietà reciproca. Al punto che quando, a sorpresa, Tonta tira fuori un mucchietto di soldi che si teneva ben nascosti, proponendo alle due neoamiche di partire, andare lontano, e cercare di ricominciare una nuova vita, il nucleo familiare di nuova formazione riflette, valuta; e infine decide di restare in quel posto improbabile. Anzi, decidono addirittura di strappare i soldi, banconota per banconota, dando luogo così a un finale surreale ed originale insieme.
Il regista Silvio Giordani ha ben saputo sviscerare l’aspetto psicologico di ciascuna donna, ben evidenziando il modificarsi dello speciale rapporto creatosi a poco a poco fra di loro. Citiamo le sue parole, che vogliono essere un messaggio importante: “Oggi più che mai, il Teatro ha il dovere di mettere la sua lente d’ingrandimento sulla realtà problematica che ci circonda. Questa volta lo fa coinvolgendoci. Si pensa, ci si commuove, si ride persino, ma soprattutto ci si immedesima nella sofferenza altrui per poi provare un genuino desiderio di alleviarla. Uniti per un mondo dove niente e nessuno rimanga indietro. Utopia? Forse. Ma oggi sentiamo la necessità di provare a costruire una società migliore.”
Molto brave sono state le tre protagoniste Angiola Baggi, Mirella Mazzeranghi e Maria Cristina Gionta, che hanno saputo trasmettere al pubblico tutte le loro paure, i loro incubi del passato; un passato fatto di violenza e di dolori, di indigenza e disperazione. Regalando emozioni e spunti di riflessione al pubblico in sala. Plauso e complimenti a tutte!
Ricordiamo che le scene sono di Mario Amodio, i costumi di Lucia Mariani, e le musiche originali di Stefano De Meo.
Certamente uno spettacolo interessante, da vedere
Salvatore Scirè
fino a domenica 17 novembre
Teatro Marconi
Viale Marconi, 698E – 00146 Roma (parcheggio interno a disposizione)
Orario spettacoli: giovedì, venerdì e sabato ore 21 – domenica ore 17.30
Biglietti online: www.bigliettoveloce.it
Info e prenotazioni: 06/5943554 – info@teatromarconi.it
A quanti di noi, a volte, capita di passare davanti a un bosco, o a una grotta, o un qualsiasi anfratto, senza sapere che quei luoghi improbabili sono diventati in realtà “la casa” (o il rifugio) di un incerto numero di invisibili.
Ecco, è proprio questo il mondo nascosto che l’Autrice Marina Pizzi, attraverso lo spettacolo “Regine di cartone” ha voluto descrivere, e lo ha fatto svelandolo con delicatezza e con sottile ironia, in alcuni momenti anche con humour.
In un luogo indefinibile, in mezzo a cassette di frutta vuote e soprattutto scatole di cartone, si sono ritrovate tre donne: Gina ex attrice di teatro, ormai stanca e poco reattiva, Tonta, una sessantenne che mantiene ancora in serbo una piccola riserva di ottimismo, e Ruvida, una ex prostituta decisa e risoluta, ma dal passato misterioso e turbolento, fatto di frequentazioni poco raccomandabili.
Il dramma ci illustra questo microcosmo di umanità dimenticata (o disadattata?), dove l’assoluta penuria di mezzi esaspera ogni senso di possesso: un panino rimediato chissà come non si cede, ne va della sopravvivenza individuale: quindi, tra i ricordi di ciascuna, tra la minaccia presunta di alcuni individui che forse hanno qualche conto in sospeso, si susseguono fra le tre donne duri scontri, contrasti, discussioni, critiche e autocritiche.
Però – e questa è la bellezza dell’evoluzione drammaturgica – a poco a poco, le tre barbone si aprono l’una con l’altra, diventano quasi una famiglia: scoprono la solidarietà reciproca. Al punto che quando, a sorpresa, Tonta tira fuori un mucchietto di soldi che si teneva ben nascosti, proponendo alle due neoamiche di partire, andare lontano, e cercare di ricominciare una nuova vita, il nucleo familiare di nuova formazione riflette, valuta; e infine decide di restare in quel posto improbabile. Anzi, decidono addirittura di strappare i soldi, banconota per banconota, dando luogo così a un finale surreale ed originale insieme.
Il regista Silvio Giordani ha ben saputo sviscerare l’aspetto psicologico di ciascuna donna, ben evidenziando il modificarsi dello speciale rapporto creatosi a poco a poco fra di loro. Citiamo le sue parole, che vogliono essere un messaggio importante: “Oggi più che mai, il Teatro ha il dovere di mettere la sua lente d’ingrandimento sulla realtà problematica che ci circonda. Questa volta lo fa coinvolgendoci. Si pensa, ci si commuove, si ride persino, ma soprattutto ci si immedesima nella sofferenza altrui per poi provare un genuino desiderio di alleviarla. Uniti per un mondo dove niente e nessuno rimanga indietro. Utopia? Forse. Ma oggi sentiamo la necessità di provare a costruire una società migliore.”
Molto brave sono state le tre protagoniste Angiola Baggi, Mirella Mazzeranghi e Maria Cristina Gionta, che hanno saputo trasmettere al pubblico tutte le loro paure, i loro incubi del passato; un passato fatto di violenza e di dolori, di indigenza e disperazione. Regalando emozioni e spunti di riflessione al pubblico in sala. Plauso e complimenti a tutte!
Ricordiamo che le scene sono di Mario Amodio, i costumi di Lucia Mariani, e le musiche originali di Stefano De Meo.
Certamente uno spettacolo interessante, da vedere
Salvatore Scirè
fino a domenica 17 novembre
Teatro Marconi
Viale Marconi, 698E – 00146 Roma (parcheggio interno a disposizione)
Orario spettacoli: giovedì, venerdì e sabato ore 21 – domenica ore 17.30
Biglietti online: www.bigliettoveloce.it
Info e prenotazioni: 06/5943554 – info@teatromarconi.it