PAOLA MINACCIONI È "ELENA, LA MATTA"

GRANDE PROVA D’ATTRICE IN UN COINVOLGENTE MONOLOGO

SALVATORE SCIRE' 12/02/2025
VISTO E RECENSITO
elena la mattaAl Teatro Sala Umberto di Roma ha debuttato “ELENA, LA MATTA”, un emozionante e intenso monologo interpretato da Paola Minaccioni, la quale, per questa volta, mette di lato la sua innata vis comica per cimentarsi in una grande prova d’attrice. Si presenta, infatti, nei panni di un’antieroina del Novecento, tale Elena Di Porto, detta anche la “matta” del ghetto ebraico di Roma. Una storia vera, che parla di un personaggio effettivamente esistito, raccontata da Gaetano Petraglia nel libro  "La matta di piazza Giudìa", edito da Giuntina, al quale si è liberamente ispirata l’Autrice della drammaturgia Elisabetta Fiorito.

Elena Di Porto, nata nel 1912 nel Ghetto di Roma, da un’umile famiglia ebraica, fu un personaggio singolare, forse unico: donna povera, una stracciarola, sin da giovane si dimostrò ribelle e anticonformista, sempre pronta a difendere i più deboli dai soprusi e dalle angherie.

Separata dal marito, indipendente, antifascista convinta e temeraria, si dimostrò subito poco incline ad accettare passivamente ogni forma di sopruso, soprattutto se rivolta contro gli altri, specie se più deboli o indifesi. E non aveva paura di affrontare anche due o tre uomini: infatti, di fronte a certe angherie,  come racconta efficacemente, “je partiva er chicchero” e caricava “de capoccia”.  Fin da giovanetta, fu presa per matta e rinchiusa nell’Ospedale psichiatrico di Santa Maria della Pietà. Come si può immaginare, Elena si trovò a vivere in un’epoca obiettivamente difficile e complicata: prima le lotte contro le angherie del regime fascista, gli scontri con le squadracce, poi la persecuzione razziale, i reiterati ricoveri, il confino in Basilicata, il ritorno a Roma, e quindi l’occupazione della Capitale da parte delle truppe naziste, fino al rastrellamento del 16 ottobre 1943.elena la matta

Paola Minaccioni, così ha voluto spiegare la sua esperienza interpretativa di una donna del popolo, dotata di un carattere fortissimo: “Ho voluto raccontare questa storia per dar vita di nuovo a Elena perché la sento dentro di me come fosse una sorella. Una donna alla quale ispirarsi ogni giorno, una storia di libertà che spero commuova il pubblico come ha commosso me”,

Il testo, egregiamente scritto da Elisabetta Fiorito, giornalista, scrittrice e attrice, racconta questa storia vera, tutta al femminile, in parte basata su documenti storici, in parte teatralizzando emozioni, amara ironia, accorata drammaticità. Il tutto rivelando una puntuale ricerca anche di termini molto particolari, propri della tradizione ebraica, una profonda conoscenza dei fatti storici, osservati non solo nella loro cruda sequenza, ma filtrati attraverso gli occhi di una donna come Elena. Una donna disillusa dal marito, ma anche poco presa sul serio dai suoi conoscenti e vicini di casa, quando presagiva i drammatici eventi che purtroppo divennero realtà.

Una drammaturgia scritta grazie anche alle memorie di Settimia Spizzichino, unica sopravvissuta al rastrellamento del Ghetto, ai racconti dello storico David Kertzer e alle testimonianze di Giacomo De Benedetti.

Bella e ricca di suggestione la regia realizzata da Giancarlo Nicoletti, il quale ha voluto sul palco due musicisti, il chitarrista Valerio Guaraldi, autore delle musiche originali, che le ha eseguite insieme a Claudio Giusti (clarinetto e sax). In alcuni passaggi, i due strumentisti hanno curiosamente “dialogato” con Paola Minaccioni, che si rivela padrona della scena e del testo, ormai fatto proprio!

Uno spettacolo di forte impatto emozionale “Teatro di narrazione, monologo d’autore, rievocazione storica e grande performance attoriale: questi gli ingredienti per raccontare una storia che merita di non essere dimenticata. Tenendo presente che il teatro, quello buono, si gioca sempre ed essenzialmente su due cose: un grande testo e un grande interprete al servizio di una bella storia da raccontare. Ricordandosi della necessità, intesa come necessità – in un momento storico come quello attuale – di fare della memoria storica la bussola per le nostre scelte e la lente per capire la contemporaneità… Per nulla un monologo classico, ma uno spettacolo evocativo e soprattutto emozionante.”. Così lo definisce Giancarlo Nicoletti.

Uno spettacolo, concludiamo noi, che merita veramente di essere visto!

Ricordiamo le scenografie di Alessandro Chiti, i costumi di Giulia Pagliarulo  e il  disegno luci di Gerardo Buzzanca.

Lo spettacolo, realizzato con il patrocinio della Fondazione Museo della Shoah, è stato prodotto da Altra Scena & Goldenart Production.
 
 
Salvatore Scirè
 
 
 
fino al 16 febbraio 2025
SALA UMBERTO
Via della Mercede, 50, 00187 Roma
Info: 06.6794753 - prenotazioni@salaumberto.com
www.salaumberto.com

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