SIMONA LO IACONO TORNA IN LIBRERIA CON “LA TIGRE DI NOTO”

STORIA DI UNA DONNA, DI UNA SCIENZIATA SICILIANA, NATA ALLA FINE DELL’OTTOCENTO, CHE DEDICÒ LA SUA VITA ALLO STUDIO DELLA SPETTROGRAFIA.

di Cristina Marra 21/05/2021
Letto e recensito
LO IACONOReggio Calabria. E’ un romanzo di luce e di ombra, di ricordi e decisioni, di coraggio e tenerezza, di determinazione e scelta, di libri e poesia, di stelle e di numeri, di fughe e di abbandoni, è il romanzo dedicato a una donna che fa del suo sguardo traballante una forza e un’arma di difesa e lo rende strumento di esplorazione e scoperta.

Simona Lo Iacono con “La tigre di Noto” restituisce “voce, giustizia e memoria” a Anna Maria Ciccone, scienziata nata a Noto nel 1891 che dedicò la sua vita allo studio della spettrometria, sposò le teorie di Einstein, si laureò in Matematica a Fisica e insegnò alla Normale di Pisa.

Una donna sola e solitaria che la scrittura poetica e intensa di Lo Iacono avvicina al lettore con una narrazione in prima persona della protagonista che scorre l’album fotografico della sua vita e a ogni scatto corrisponde una tappa della sua esistenza controcorrente, dalla sua infanzia, agli studi, alla pensione. Lo Iacono assembla poeticamente i generi biografico e storico, senza trascurare un accenno di spy story e entra nello sguardo di Ciccone, osserva le brutture e atrocità della Grande Guerra che si intrecciano alla continua ricerca della luce per scandagliare il mistero della creazione.

Anna Maria Ciccone, detta Marianna, lasciò la famiglia e la Sicilia per raggiungere le università di Roma, Pisa e la Germania. Quanto mistero celano le stelle e quanto orrore vedono da lassù? Marianna racconta la Storia attraverso la sua storia, mostra le foto sbiadite di un’infanzia negli agi ma con una madre che non le presta attenzione e non la abbraccia e che “combatte contro le irruenze del mio affetto così come le imperfezioni del mio viso”.

La protagonista si racconta in una confessione dolorosa ma serena, come se espiasse una colpa non sua, un difetto all’occhio che la rende diversa ma la fa indagare su un periodo storico struggente e sulla condizione delle donne che si dedicano alla ricerca e agli studi cercando di imporsi in ambiente prettamente maschile. L’occhio di Marianna “era come una stella, brillava interdetto, scompigliato, facendosi largo senza vergogna, elevandosi fino alla luna”.

Marianna si nutre di luce e di parole, sin da bambina con la complicità della tata Rosa saccheggia la biblioteca di famiglia. Se somiglia al padre da cui eredita “il temperamento da scampato, l’ostinazione che in meno di dieci anni lo aveva reso uno dei commercianti più ricchi di Noto”, dalla sua amata tata eredita la saggezza, la capacità di scegliere la via del cuore, la volontà a non rinunciare ai sogni che insegue indossando le scarpe semplici e robuste appartenute a Rosa.

Marianna scandaglia la luce anche simbolicamente nelle zone d’ombra e la seduce in “un corpo a corpo in cui percepivo chiaramente che di mezzo si metteva il buio, e che tra i due opposti c’era la stessa distanza che esiste tra la colpa e l’assoluzione”. Senza l’approvazione dei genitori, rinunciando a due possibili matrimoni lascia Noto “senza saluti e senza indirizzi” colpevole di avere scelto la strada della conoscenza. L’autrice entra nel cuore della sua protagonista e fa luce anche lì mescolando accadimenti veri e inventati e regala il ritratto fotografico di una donna profondamente legata ai suoi affetti, discreta e riservata che preserva anche il legame col fratello con cui condivideva la condizione di “creature zoppe, distanziate, che ambivano a una felicità disadorna, per tutti gli altri impossibile” quando l’occhio storto di Marianna ”viveva di complicità” col respiro mozzato del piccolo e malaticcio Salvo, che somigliava a “ a una spiga di grano nell’onda voraginosa del campo”.

Il treno estatico e sofferente porta la protagonista sempre più a nord e nel 1935 lascia l’Italia per collaborare con il professore Herzberg all’istituto di Fisica di Darmstadt,e inizia un’altra fase della vita di Marianna che coincide con l’avvento delle leggi razziali e le barbarie del conflitto mondiale che la donna contrasta con atti coraggiosi e imprudenti volti a salvare vite e libri. Da lettrice diventa una cospiratrice e a lei si deve la messa al riparo di numerosi volumi durante la spoliazione del patrimonio culturale ebraico nazista perché “se c’era un luogo in cui seppellire i morti, quello era il libro. L’unica tomba presso la quale piangerli. L’unico posto che assicurava un ritorno”

LA TIGRE DI NOTO
SIMONA LO IACONO
NERI POZZA
PP 224
EURO 17,00

 

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