INCONTRO CON CHRISTIAN DELORENZO CURATORE DEI "RACCONTI DI MARE E TEMPESTA"

VENTI AUTORI TRA L’‘800 E IL ‘900 RACCONTANO IL MARE DALLA SUPERFICIE AGLI ABISSI.

di Cristina Marra 14/06/2019
Le interviste di Cristina
racconti di mareReggio Calabria. Viaggiare per mare è lasciarsi cullare dalle onde o solcarle, fronteggiare le burrasche e le tempeste ma anche compiere un viaggio simbolico, un percorso di cuore e fatica fatto di bellezze e pericoli, suggestioni e insidie.

Con "Racconti di mare e tempesta" il curatore Christian Delorenzo propone un viaggio per racconti che va dalla superficie agli abissi marini con i contributi di venti autori che tra l'Ottocento e il Novecento hanno narrato il Mare. Delorenzo già curatore di sei antologie per l'editore Einaudi introduce quest'ultima con brevi accenni ai contenuti dei racconti scelti ma con una passione che traspare a ogni riga, passione per il mare e per chi lo celebra con parole, storie e scene celebri o meno conosciute perchè chi va per mare deve essere libero di perdersi tra i flutti, di ristorarsi nelle sue acque ma anche di lottare contro i marosi.
 
Scrivi nell'introduzione che il mare bagna ogni riva del continente letterario, con quale criterio hai scelto i racconti dell'antologia?racconti di mare
“Poesia o non poesia?, mi sono chiesto per prima cosa, trasformando le certezze di Benedetto Croce in un dilemma shakespeariano. Prosa, ho risposto. Ma una prosa che non sia prosaica. C'è da dire che il mare aiuta: è fatto di acqua, sale e poesia. Penso alle visioni orientali di Conrad, ai bucanieri romantici di Melville, all'amore tempestoso di Fitzgerald.
Le antologie che fanno i libri a brani, giustapponendo estratti senza storia, hanno qualcosa di troppo statico per i miei gusti. Del resto, il mare è sempre in movimento. Quindi, ci volevano testi con una loro unità narrativa: racconti, soprattutto. Ma anche fiabe, bozzetti, aneddoti, novelle. C'è pure il capitolo di un libro, quello che il fantomatico capitano Charles Johnson, alias Daniel Defoe, dedica alla vita della piratessa Mary Read.
A eccezione dello stesso Defoe e della fiaba senza tempo sul Leviatano, l'orizzonte cronologico è compreso tra Otto e Novecento: la stagione in cui il mare si fa protagonista, e la fa da protagonista.
 
Con questa antologia sei alla tua settima curatela. Quattro dedicate al giallo, una al Natale e una ai gatti. Il filo che le lega tutte è sempre e comunque il mistero?
Per i gialli, di sicuro. In generale, il filo è l'editore: sono tutte uscite per Einaudi. Ma a legarle è anche un modo di lavorare, un principio di narrazione: ognuna di queste antologie si costruisce come una storia a più voci. Mentre leggo i testi, li immagino all'interno di una cornice, che può essere scandita dai titoli delle sezioni. 
C'era una volta il Natale, per esempio, segue le tappe della festa, dagli addobbi ai regali. Animali in giallo è una specie di zoo del mistero: ogni racconto ospita un animale diverso. Racconti di mare e tempesta...
 
È un voluto viaggio-racconto del mare dalla superficie ai suoi abissi?
Esatto. Le prime tre sezioni sono dedicate alle figure che solcano la superficie dei mari: capitani, pescatori, pirati e ribelli, ma anche normali viaggiatori. Poi si attraversa la tempesta e, dopo un bel rischio di naufragio, si finisce nell'universo sottomarino.
 
Quali mostri compaiono?
Il vascello fantasma di Edgar Allan Poe può essere considerato un mostro? In ogni caso, è lui che ci trascina negli abissi. Dove non manca, ovviamente, il calamaro gigante, a cui Wells, nel suo racconto, dà il nome fittizio di Haploteuthis Ferox. Centocinquant'anni prima di Alla ricerca di Nemo, Andersen ci fa assumere il punto di vista dei pesci, alle prese con una creatura che sembra il grande serpente di mare. C'è poi il sirenetto di Yeats, che ingabbia le anime degli annegati. Senza dimenticare il Leviatano della tradizione ebraica, e il dio dei mari trasformato da Kafka in un insoddisfatto amministratore.
 
Oltre alla curatela spesso traduci anche qualche racconto che inserisci, in questa ti sei occupato, tra gli altri, di Un incendio sul mare di Turgenev. Che ti ha colpito di quella storia?
Mi ha colpito la storia che ruota attorno alla storia.
È il giugno del 1883. Turgenev è molto malato. Non riesce più nemmeno a tenere la penna in mano. Eppure trova la forza di dettare in francese questo aneddoto di gioventù. L'ha raccontato tante volte, ma non l'ha mai messo per iscritto. Parla del suo primo viaggio in nave da solo, all'età di diciott'anni: a bordo scoppia un incendio, lui crede che sia finita, ma poi, con una scialuppa, riesce a raggiungere la riva di Lubecca.
Insomma, c'è quest'uomo sul letto di morte, che ricorda quando, per la prima volta, si è salvato la vita. Non è struggente?
 
Hai un tuo autore preferito?
Troppi. Ma se parliamo di autori di mare, lo so: Conrad, con cui si apre la raccolta.
 
Qual è il tuo rapporto col mare?
Ti dico solo questo: tra l'inverno e la primavera, mentre lavoravo all'antologia, mi sono preso in affitto una casetta di fronte al mare. Avevo bisogno di vederlo anche quando staccavo gli occhi dal computer.

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