CON BRUNO PIATTELLI I PRIMI UOMINI IN PASSERELLA

L'Alta Moda per vestire anche le più grandi star del cinema e del teatro

Salvatore Scirè 20/02/2018
Bruno PIattelliROMA - Abbiamo incontrato Bruno Piattelli, stilista e protagonista dell’Alta Moda italiana;  un personaggio profondamente  legato alla sua città, Roma, che ha toccato vari campi della cultura con la sua multiforme attività. Abbiamo ammirato il suo affascinante studio, le cui pareti sono piene di foto che lo ritraggono con grandi personaggi venuti da tutto il mondo. Tra gli oggetti più interessanti che arredano lo studio, spicca una spettacolare silhouette creata dall’artista Mario Ceroli. Di sicuro, ha tante cose da raccontarci!
 
Come nasce Bruno Piattelli nella moda?
“Finito il Liceo, mi apprestavo a proseguire l’università, quando, stando vicino a mio padre - titolare di un’azienda commerciale risalente al 1843 - mi resi conto che l’abbigliamento italiano veniva venduto all’estero con una certa consistenza. Pur completando il corso di laurea, grazie anche alle conoscenze di mio padre, iniziai a mettere insieme delle collezioni, scelte con criterio, e me ne andai a presentarle all’estero. Parliamo del dopoguerra, del 1949-50, e allora si doveva sottostare al giudizio di commissioni che valutavano la qualità del prodotto. Dopo qualche anno, si sono accorti della mia attività e così a Roma con altri colleghi, come Datti, Litrico, Brioni, ci siamo organizzati per mandare gli uomini in passerella: eravamo i primi! In quel momento, il cinema mondiale aveva la sua base a Roma e gli attori e registi che ci frequentavano, fecero da ambasciatori, parlando di noi; al punto che ogni testata giornalistica  estera mandava 15-20 persone per le grandi sfilate di moda. Così è nato il made in Italy nella ‘moda uomo’; ed è nato a Roma; solo dopo venne Firenze, ma questo la storia non lo dice! Poi iniziò Giorgini con la ‘moda donna’. Successivamente molte aziende italiane iniziarono a chiedere la nostra consulenza e così è partita una valida collaborazione.  Oggi, il lavoro è diventato più difficile e così la moda, nel senso dell’artigianato, ha perso il suo fascino, a favore dei grandi gruppi. All’inizio, con i miei colleghi, anche se potenzialmente concorrenti, si andava fuori insieme,tutti nella stessa barca. Oggi invece si tende ad uniformare ogni cosa e ciò ha spento un po’ la creatività. Però ancora oggi alcuni artigiani fanno prodotti di nicchia ” .
 
Nella tua lunga attività, hai toccato vari campi della cultura, in particolare cinema e teatro. Vuoi ricordare qualcosa o qualcuno in particolare?
“Il cinema e il teatro hanno dato un grande contributo alla moda. Il cinema italiano si può dire che l’ho percorso interamente, collaborando con registi come Visconti, De Sica, Monicelli, Rosi... Ho lavorato con quasi tutti gli attori: di recente con Carlo Giuffrè ricordavamo Romolo Valli, De Lullo, Falqui. Con il giovane Ronconi, abbiamo fatto tutto Pirandello, possiamo dire che ho percorso la storia recente della società attraverso il cinema e il teatro. E con tutti c’è stata una grande amicizia. In particolare un grande amico era Marcello Mastroianni, con il quale ho condiviso un lungo percorso artistico. Ma ricordo ancora Patroni Griffi, Brusati, Silvio D’Amico, Vigolo, Marotta, Flaiano; tutte persona di grande cultura da cui ho imparato in modo fantastico. Si discuteva ore su una battuta e sul come indossare un capo! Il musical teatrale invece dava maggior libertà alla fantasia, a volte influendo anche sulla vita pratica.”
 
A proposito di musical... Un ricordo teatrale per tutti: Ciao Rudy, Mastroianni.. Garinei & Giovannini
“Con loro ho fatto tanti spettacoli, al Teatro Sistina. Grandi amici. A suo tempo ho creato anche un profumo chiamato Ciao Rudy.”   
 
Nel periodo d’oro di Cinecittà,  chi hai vestito tra i grandi attori americani?
“Vanessa Redgrave, Huston il regista, Montgomery Cliff, Franco Nero, Orson Welles. A proposito, ricordo che, quando venne da noi, mandato da un amico, successe una cosa comica: il tagliatore doveva prendergli le misure, ma il metro non arrivava a cingere la vita di Orson Welles. In quell’occasione, mi raccontò anche della famosa notizia radiofonica falsa sull’invasione della terra e fummo d’accordo nel valutare che oggi la gente subisce sia l’informazione, che la pubblicità.”  
 
I tuoi ateliers sono sempre stati vicini ai palazzi  della politica, così come questo bellissimo studio, di fronte a P.Chigi. Ci racconti qualche aneddoto simpatico, ad esempio su Pertini e Cossiga, che hai conosciuto bene?
“Con Pertini avevo un rapporto fraterno, mi chiamava, passava a trovarmi; lui amava i giovani e io gli portavo i giovani stilisti. E lui amava raccontare la sua vita.  Pertini ci ricordava che tutte le mattine, a Regina Coeli, si faceva la barba e si cambiava la camicia bianca, per incutere timore ai tedeschi, che in effetti lo rispettavano. Quando cessò di essere presidente, un giorno venne in negozio a Via delle Convertite e mi disse: ‘che faccio ora che c’è il nuovo Presidente? Vado a trovare il mio amico Piattelli?’  Era venuto a piedi e siccome non ci vedeva molto bene, gli proposi di accompagnarlo ma lui quasi ci restò male: volle uscire da solo, ma a S.Silvestro il traffico si bloccò per farlo passare e tutti, automobilisti e passanti, lo applaudirono. Cossiga invece è stato il primo a far entrare la moda al Quirinale: fece un apposito ricevimento, però mi chiamò al suo tavolo e volle che cenassi da solo con lui. Una volta mi trovavo a Tokio con mio fratello Renzo: nel ristorante dell’albergo, si avvicinò Cossiga, il quale avendoci intravistiti, ci chiese di sedersi con noi! Personaggio di grande cultura, conoscitore di lingue.”
 
In questa proiezione internazionale, la tua radice è rimasta profondamente romana.
“Questa città ce l’ho nel sangue e come tutti i grandi amori comporta anche forti risentimenti. Da Presidente dell’Ente Provinciale del Turismo, ho passato i 4-5 anni più sofferti della mia vita, perché mi rendevo conto che di fronte a facili soluzioni per incrementare il turismo, c’era l’assoluto disinteresse dei politici.  
Roma è una città speciale: a Roma l’approccio deve essere amichevole; se sei famoso i titoli non esistono, ti chiamano per nome. Noi romani abbiamo visto passare tutto e tutti, siamo assuefatti a tutto, abbiamo la ‘coccia dura’.  Una volta Renato Rascel mi raccontò un episodio eloquente: si trovava a cena da Meo Patacca con Tyrone Power e Linda Christian. Passavano dei ragazzotti, che li hanno guardati e poi gli hanno detto ‘A Renà, ma co’ chi te sei messo?’  Questo è il romano! Una sera Mastroianni non trovò neppure un taxi e così lo accompagnai a S.Silvestro, al capolinea dell’Atac. Il dialogo col controllore fu il seguente: ‘Ciao Marcè’. ‘Che devo prendere per andare a casa?’.  ‘Dove abiti, Marcè?’ ‘A Ponte Milvio’. ‘Allora te la fai a piedi, Marcè’. Però c’era rispetto: spesso mangiavano all’Harris Bar, la gente passava, lo vedeva, ma nessuno gli rompeva le scatole. Lo stesso capitava a Audey Hepburn, una cliente affezionata. Un giorno sono sceso per ringraziarla della sua frequentazione e lei mi disse ‘io amo questa città e lei non immagina perché: quando vado per strada tutti mi rispettano e nessuno mi disturba, e questo non accade in nessuna parte del mondo!”
 
Ti occupi di tante altre cose come hobby, oltre a continuare a seguire la moda...
“Beh, io continuo a lavorare con le consulenze, per mia fortuna ho molti interessi: uno dei principali è l’Orchestra Sinfonica di Roma, alla cui creazione ho collaborato 10 anni fa; poi mi interesso d’arte, in contatto con molte gallerie: è un mondo che ho sempre frequentato, per anni ho ospitato nel mio studio, che fungeva da galleria, tutti gli artisti che ho conosciuto, da Samonà a Cagli, da Vannucci a De Santis e a Plessi, quando era meno noto, o Mario Ceroli, l’autore della silhouette che ho qui. Il costume, il colore, la moda... tutto diviene sintesi... Ho un mio slogan: ‘La moda può essere elegante: l’eleganza è sempre di moda.’  Negli anni 70 la moda è stata oscena, ma andava ‘di moda’.”
 
Parliamo del Liceo Visconti?
“Mi ha sempre affascinato la scuola in cui mi sono formato, il Liceo Visconti. Ho avuto professori eccezionali, come Augusto Premoli, caduto per difendere Roma, o la Spellanzon che mi faceva recensire i libri. Il preside Piersanti era straordinario, i compagni straordinari. Per leggere notizie meno controllate leggevamo l’Osservatore Romano; ebbene, un giorno ebbi l’orgoglio di trovarci le mie recensioni!  Questo ci dava una carica, ti formava!
Gli anni del 43-44 furono terribili, ma li superammo grazie alla compattezza tra di noi. Quando ci fu il tragico bombardamento di San Lorenzo, venne colpita una villetta in cui abitava il preside Piersanti e la figlia  perse la vita sotto le macerie. In quell’occasione, nonostante il coprifuoco, tutto il Visconti si ritrovò a scavare in Via Spallanzani, fino a rinvenire il corpo esanime della ragazza.  
Sembra curioso, ma io sono molto attratto dal mondo scientifico, pur avendo una formazione classica. Con una profonda e intima soddisfazione, ho continuato a frequentare fisicamente il Visconti anche dopo esserne uscito, specialmente negli ultimi anni grazie all’Associazione Ex Alunni, di cui sono da poco nominato Presidente.” 

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