“ADELCHI”, LA GUERRA DI VINCENZO ZINGARO, CON GIUSEPPE PAMBIERI, INDOMABILE RE DESIDERIO
AL TEATRO ARCOBALENO UNA CHIUSURA DI STAGIONE DEGNA DI UNO STABILE PUBBLICO CON UNA MESSINSCENA DI ALTISSIMA ECCELLENZA
VITO BRUSCHINI
11/05/2025
VISTO E RECENSITO

Un testo dunque attualissimo per il momento storico che stiamo vivendo. Non ci sono nel mondo stati che usurpano terre ad altri stati? Non vedete un’Europa divisa, una parte della quale è propensa alla guerra mentre un’altra spera nella pace? Zingaro non poteva scegliere momento migliore per proporci questo dramma che Manzoni scrisse negli anni in cui il Lombardo-Veneto era sottomesso agli austriaci.
Ma veniamo allo spettacolo che solo una mente visionaria e coraggiosa come quella di Vincenzo Zingaro poteva pensare di realizzare. La messinscena è molto complessa nel golfo mistico prendono posto sette maestri di musica.

Vanno citati perché saranno la colonna sonora ininterrotta per tutti i 110 minuti della rappresentazione e sono: Francesca Salandri al flauto; Stefania Mercuri al corno inglese; Angelica Ziccardi violino, Chiara Ciancone alla viola ed Eleonora Yung al violoncello. Lo spartito musicale di straordinaria efficacia evocativa, modulato su ogni personaggio, è del Maestro Giovanni Zappalorto che dirige l’orchestra e suona le tastiere.
All’apertura del sipario il palcoscenico ha una struttura sopraelevata dove è posizionato Maurizio Trippitelli con una imponente batteria di timpani, grancasse e percussioni sinfoniche. Trippitelli, uno dei maggiori percussionisti italiani (ha suonato in tutte le opere di Morricone) sarà uno degli interpreti dell’intera opera ritmando con l’orchestra la partitura musicale.
Dell’Adelchi sono state realizzate diverse versioni. Comunque quelle destinate a rimanere nella storia del teatro italiano sono quella del 1960 di Vittorio Gassman, allestita con il Teatro Popolare Italiano (era un teatro tenda allestito al Parco dei Daini di Roma), quella di Carmelo Bene del 1984 e infine questa di Vincenzo Zingaro.
Non è elegante parlare di sé, ma il sottoscritto, all’epoca giovanissimo studente, appartiene alla generazione che ebbe il privilegio di assistere alla rappresentazione di Gassman/Adelchi (come voleva il progetto del TPI i biglietti erano scontatissimi).
E devo dire che oggi la sua interpretazione risulta molto accademica e un po’ datata (eravamo negli anni Sessanta).
Meglio Carmelo Bene, più essenziale, quindi più moderna, ma a onor del vero debbo riconoscere che l’interpretazione di Zingaro surclassa quella dei suoi due predecessori. “Dagli atrii muscosi, dai Fori cadenti, dai boschi, dall’arse fucine ardenti, dai solchi bagnati di servo sudor, un volgo disperso repente si desta…” risuonano ancora nell’anima i versi interpretati da Zingaro. L’emozione batte alle porte. Così come torna a far vibrare forte i nostri animi nella intensa scena finale della sua morte.
La vicenda ruota su altri due personaggi: quello di Ermengarda, la sorella di Adelchi. Andata in sposa a Carlo, ma poi da lui ripudiata per la controversia con il padre Re Desiderio. Le dà spessore emotivo la splendida Annalena Lombardi che sa essere struggente quando si avvicina il momento della sua morte invocando l’amore perduto per il marito traditore, appunto re Carlo.
L’altro personaggio su cui fa perno la tragedia è proprio il fedifrago re Carlo a cui dà voce e giusta arroganza Piero Sarpa. Anche lui riesce a modulare il proprio personaggio con esemplare abilità: feroce e inflessibile quando deve sfidare il re longobardo, quanto commosso e dolente davanti alla nobiltà d’animo di Adelchi morente.
Prezioso e coinvolgente è anche il racconto del Diacono Martino, quando racconta del suo viaggio avventuroso nel territorio selvaggio che, grazie a un sentiero segreto, offre alle truppe di re Carlo la possibilità di sorprendere le truppe longobarde di Desiderio. Giovanni Ribò riesce a rapirci con il suo appassionato monologo.
In questa messinscena ogni personaggio ha avuto la sua dose di caratterizzazione, come Fabrizio Passerini, nell’interpretazione del subdolo traditore Svarto. O come quella di Francesco Polizzi, Alessandro Malverti, Sina Sebastiani e Paolo Oppedisano, indicatore di una regia (sempre del meticoloso Vincenzo Zingaro) che non ha tralasciato niente al caso, superando sé stesso nell’esaltante idea della battaglia che non vi sveleremo per non togliervi il piacere di venirla a scoprire a teatro.
In definitiva è uno spettacolo di una forza evocativa inusuale nel panorama teatrale italiano. C’è uno sforzo economico che nessun impresario privato avrebbe il coraggio di affrontare. Ma al Teatro Arcobaleno questo coraggio ha realizzato un sogno. L’Adelchi di Zingaro dovrebbe essere preso in carico da un teatro stabile pubblico, per la sua levatura culturale, attoriale e registica che non sfigurerebbe in un teatro inglese. Ci aspettiamo che folle di amanti del vero teatro (non quello di tipo televisivo a cui ci stiamo assuefacendo) accorrano a vedere questo autentico capolavoro.
VITO BRUSCHINI
FINO AL 18 MAGGIO 2025
AL TEATRO ARCOBALENO
ROMA, VIA F. REDI, 1a
info: 06.44248154/06.4402719